Un grande coraggio per un'opera che ha quasi del teatrale: è quello che la fisarmonicista tedesca Ute V?lker riesce a fare, in un lungo assolo di quasi un'ora, alla sua fisarmonica. Un lavoro che ha del titanico, o che rasenta la follia dell'impossibile diventato realtà. Così lei, accettata la sfida di rendere udibile quello che c'è al di là del silenzio, crea un monumento al suo strumento, che nelle sue mani diventa quasi un'orchestra dai mille rivoli, triste o allegra a seconda dei momenti ma con una caratteristica che si dipana per l'intero disco: quella della presenza sonora, così forte da attirare subito l'attenzione dell'ascoltatore, anche di quello disattento.
Il suo è un processo di investigazione dell'improvvisazione possibile su uno strumento che sembra a volte suonare come un organo ed un'invenzione che non esaurisce mai la propria fonte. Indaga atmosfere oniriche e surreali, incubi drammatici, dove dal silenzio si impennano masse sonore travolgenti insieme a momenti lirici, disarmanti nella nudità dell'anima che li esegue, come in "Bleiglanz", che tradotto sta per lucentezza di piombo. Anche in quesa alternanza di atmosfere sta il magnetismo di brani costruiti con estrema concentrazione, scongiurando il pericolo dell'uniformità grazie alla precisa messa a fuoco in ogni brano.
Andreas Steffens si rende conto nelle liner notes della difficoltá per l'ascoltatore (cui viene richiesta pazienza) di quest'opera, descrivendo la calma imperturbabile con cui lei si lascia andare nell'esplorazione della possibile durata dei brani. Si tratta di un ottimo saggio sulla natura dell'improvvisazione, che può essere letto per esteso sul sito della musicista.
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