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Mauro Bardusco - Direttore Artistico di Jazz & Wine Of Peace Festival

All About Jazz: Il festival Jazz & Wine of Peace di Cormòns è una delle rassegne italiane più interessanti e durature, sia per il programma -sempre di alto livello e ampiamente diversificato -sia per le locations dei concerti, oltretutto con la interessante particolarità di svolgersi in un periodo diverso da quello estivo.
Mauro Bardusco: Questa del 2017 sarà la ventesima edizione: abbiamo iniziato nel 1998 con cinque concerti, due il giovedì, due il venerdì e uno il sabato.
AAJ: Il festival nel corso del tempo ha subito numerosi cambiamenti sia dal punto di vista della dislocazione degli spettacoli, sia da quello dei partner organizzativi.
MB: Sì, inizialmente gli spettacoli si svolgevano solo al Teatro Comunale, nel centro della cittadina di Cormòns; dopo un paio d'anni abbiamo inserito un episodio in Slovenia, inizialmente a Medana, in seguito in altre località; poi, pian piano, siamo arrivati alla struttura in vigore da qualche anno: solo i concerti di maggior richiamo in teatro, il resto in giro per le cantine o per i luoghi storici del territorio, con concerti anche al mattino e al pomeriggio.
AAJ: Questo anche in conseguenza del cambiamento dei partner: inizialmente lo sponsor era la Cantina Produttori di Cormòns, poi avete iniziato a collaborare con alcune delle molte cantine della zona.
MB: La Cantina Produttori è entrata dopo le primissime edizioni e ci ha accompagnato per diversi anni; quando poi ha abbandonato la sponsorizzazione ci è venuto in mente di suonare nelle cantine, o anche in luoghi come l'Abbazia di Rosazzo e alcune splendide chiesette della campagna, un'idea che ha avuto molto successo: i luoghi sono belli, le cantine ci aiutano nell'organizzazione degli eventi e abbinano al concerto delle degustazioni, la stessa frequentazione delle aziende vinicole è un valore aggiunto. La formula ha fatto crescere le presenze, specialmente quelle del pubblico austriaco che, da sempre, costituisce la maggioranza degli spettatori.
AAJ: Già, perché va ricordato che il vostro è un festival italiano, ma anche di confine: l'Austria è vicinissima, la Slovenia addirittura di là dalla collina, e attraverso di lei tutto il mondo dell'est Europa...
MB: Credo si tratti del solo festival italiano il cui pubblico è prevalentemente straniero: in effetti è più facile sentir parlare tedesco o sloveno che non italiano!
AAJ: Va anche detto che fin dall'inizio il programma ha sempre dato molta attenzione al jazz europeo e anche alla musica dell'est, non solo strettamente jazz.
MB: Vero: ricordo nella prima edizione il gruppo della Repubblica Ceca guidato dal funambolico polistrumentista Jiri Stivin che ebbe un grandissimo successo. E poi altri gruppi che proponevano un jazz influenzato dalle loro tradizioni musicali.
AAJ: Io stesso sono venuto la prima volta il secondo anno, appositamente per vedere il concerto di Nicolas Simion, sassofonista rumeno che aveva sostituito

Jim Pepper
saxophone, tenor1941 - 1992

Mal Waldron
piano1925 - 2002
MB: In effetti direi che inizialmente era quasi un festival etno jazz; poi l'abbiamo allargato, altrimenti sarebbe stato troppo limitato. Ma l'attenzione per certe musiche, specie dell'est, non è mai venuta meno. Oggi l'idea che guida la creazione del programma -senza alcuno scivolamento nel "commerciale" -è mettere assieme alcuni artisti o gruppi di fama internazionale che alzino l'attenzione del pubblico, un po' di "avanguardia," qualche proposta inedita, degli esempi di etno jazz... insomma, un po' di tutto!
AAJ: La cosa interessante è che c'è davvero un po' di tutto: le proposte dell'avanguardia statunitense non mancano mai -penso per esempio a

Tim Berne
saxophone, altob.1954

Rob Mazurek
trumpetb.1965

Mary Halvorson
guitar
Myra Melford
pianob.1957

Juhani Aaltonen
saxophoneb.1935

Jan Garbarek
saxophoneb.1947

Atomic
band / ensemble / orchestraMB: Diciamo che ci vantiamo di avere alcune proposte, in particolare europee, che in Italia o si viene a vederle da noi, o si ascoltano solo su disco. Poi è chiaro che per un festival è indispensabile avere in cartellone anche qualche grosso nome, che noi cerchiamo tra quelli che uniscono anche la qualità e l'originalità. Siamo un po' avvantaggiati dal fatto che il pubblico è in maggioranza austriaco, perché là c'è probabilmente più curiosità e meno bisogno del nome affermato rispetto al pubblico italiano.
AAJ: Che logica segui per realizzare un programma così composito?
MB: Intanto va detto che mi da una mano Fulvio Coceani, uno degli iniziatori del festival e dei fondatori del Circolo Controtempo, la realtà associativa che lo organizza in collaborazione con il Comune di Cormòns. E poi che anche altri membri del circolo dicono la loro e noi cerchiamo di accontentarli. In questo modo la varietà deriva anche dai diversi sguardi che abbiamo sul panorama musicale, resi omogenei dal percorso comune che ci unisce. Fossi solo io a decidere, probabilmente farei un festival molto più "estremo," quasi tutto di proposte d'avanguardia... Ma non è detto che sarebbe meglio! Probabilmente la compensazione "sociale" e il "controllo" a cui mi sottopone Fulvio sono contrappesi utili per evitare un eccesso di uniformità, che per un festival può essere un limite.
AAJ: C'è qualche rassegna alla quale ti ispiri nel momento in cui organizzi o pensi alle musiche da mettere in programma?
MB: Sì, anche se alcune non esistono più: penso per esempio ai primi festival che frequentavo negli anni Ottanta, come Verona, o Ravenna, e soprattutto Clusone, gran bel festival nel quale passava il meglio del jazz europeo. Poi anche Willisau, in Svizzera, e Saalfelden, che frequentiamo regolarmente anche perché è un momento importante per promuovere il nostro festival presso il loro pubblico. E poi Sant'Anna Arresi, in Sardegna.
AAJ: Nel corso di questi anni cos'è cambiato nel rapporto con istituzioni, sponsor, territorio? Avete guadagnato autorevolezza o la crisi ha reso le cose ancor più complicate?
MB: Posso dire che dopo quasi vent'anni cominciamo a trovare dei riconoscimenti, grazie anche all'enorme lavoro dell'attuale Presidente Paola Martini di Sacile: ne abbiamo avuto anche uno ministeriale, come realtà artistica. Ma soprattutto da quest'anno abbiamo un riconoscimento di tipo "concreto": l'incarico triennale, con annessa previsione di finanziamento, laddove finora avevamo dei finanziamenti annuali, cosa che rendeva drammatico progettare e organizzare! Adesso possiamo invece lavorare con tranquillità, perché sappiamo su cosa possiamo contare anche per i prossimi due anni e così muoverci con una certa sicurezza.
AAJ: Questo sarà il frutto del successo che il festival riscuote in misura sempre crescente: come sono andate le presenze negli ultimi anni?
MB: Direi molto bene: l'anno scorso abbiamo avuto il tutto esaurito a ogni concerto, in certi casi fin dalla prevendita.
AAJ: Perché voi, a differenza di tante altre rassegne, fate tutti concerti a pagamento?
MB: Sì, a parte concerti di corredo nei locali, il programma ufficiale è quasi sempre tutto a pagamento. E, con i tempi che corrono, avere il tutto esaurito non è poca cosa. Anche qui, credo, grazie al pubblico austriaco... L'incasso comunque ci dà un finanziamento aggiuntivo di circa il 40% che investiamo in maggiore quantità e qualità dei concerti.
AAJ: Sui riconoscimenti ricevuti credi abbia contato anche l'interazione che avete con il territorio e con le attività produttive della zona?
MB: Assolutamente sì: da un lato le cantine ne ricevono visibilità e, in parte, anche nuovi clienti, dall'altro in generale attiriamo turisti, che scoprono il territorio e magari ci tornano anche in altri periodi dell'anno. Comunque durante il festival gli alberghi e i ristoranti sono tutti strapieni: alla fine riceviamo sì soldi pubblici, ma li facciamo pure rientrare sul territorio con un tasso di interesse molto alto.
AAJ: L'accoppiata tra musica e cantine, che voi siete stati tra i primi a fare e che mi pare vanti innumerevoli tentativi di imitazione, come funziona? Cercate voi le aziende, si offrono, vi vengono proposte da qualcuno? E come le selezionate?
MB: In qualche caso le cerchiamo, perché sappiamo che l'ambiente è particolarmente interessante, in altri si offrono loro e noi valutiamo se siano adatte o meno. Poi le selezioniamo in funzione del tipo di proposta musicale che abbiamo in programma. Nella scelta conta molto anche la bellezza del posto, mentre nella conferma di anno in anno pesa il modo in cui hanno funzionato le cose. A ogni edizione ci sono mediamente due o tre nuovi inserimenti, che fanno ruotare parte delle locations, anche per far scoprire ogni anno al pubblico nuovi luoghi del nostro territorio.
AAJ: Come componete il programma e come scegliete le proposte da mettere nei diversi luoghi?
MB: Per prima cosa decidiamo e fissiamo i concerti di maggior prestigio, quelli che faremo in teatro. Poi, anche tenendo conto dei luoghi che abbiamo deciso di utilizzare, individuiamo gli altri artisti, ovviamente sulla base di una rosa di musicisti che ci interessa portare. Se abbiamo un posto piccolo cerchiamo gruppi di due o tre persone; se la location è chiusa, raccolta, cerchiamo una formazione senza batteria; se gli spazi invece sono ampi cerchiamo gruppi dal suono più potente; e così via. Per esempio quest'anno all'Abbazia di Rosazzo, nella quale proponiamo sempre concerti molto particolari, cameristici, avremo il gruppo tutto al femminile Hear In Now di

Silvia Bolognesi
bass, acoustic
Tomeka Reid
cello
Mazz Swift
violinAAJ: In vent'anni avete portato a Cormòns tantissimi artisti di grandissimo valore: c'è qualcuno che sei particolarmente fiero di aver avuto?
MB: Non è una domanda facile... In vent'anni sono così tanti... Di primo acchito mi vengono in mente nomi di musicisti con cui poi si è instaurato anche un rapporto di amicizia, come ad esempio gli

Oregon
band / ensemble / orchestra
John Surman
saxophoneb.1944

Charles Lloyd
saxophoneb.1938

John Marshall
drumsb.1952

Soft Machine
band / ensemble / orchestrab.1966

Emil Viklicky
pianob.1948
AAJ: E c'è qualche artista che avresti voluto avere in cartellone ma per qualche ragione non sei riuscito a far venire?
MB: Escludendo per motivi economici "utopie" come ad esempio

Keith Jarrett
pianob.1945

King Crimson
band / ensemble / orchestrab.1969

Robert Wyatt
drums
Ian Carr
trumpet1933 - 2009

Karin Krog
vocalsb.1937
Rolf Kuhn
saxophoneb.1929

Albert Mangelsdorff
trombone1928 - 2005

Mike Westbrook
composer / conductorb.1936

Graham Collier
composer / conductor1937 - 2011

Alan Skidmore
saxophoneb.1942

Paul Dunmall
saxophoneb.1953

Pharoah Sanders
saxophone, tenor1940 - 2022
AAJ: Le istituzioni o gli sponsor hanno mai insistito perché portaste qualche gruppo in particolare?
MB: No, assolutamente mai. Al massimo, in modo informale, qualcuno può aver detto che gli sarebbe piaciuto se ci fosse stato il tal artista, ma pressioni no, mai avute.
AAJ: Accennavi prima al fatto che l'organizzazione del festival è da sempre nelle mani del Circolo Controtempo, un'associazione di appassionati che lavorano tutti a volontariato. Un dettaglio forse non unico, ma comunque piuttosto raro.
MB: Sì, siamo volontari, il festival lo organizziamo solo per passione. ? sempre stato così, anche se -fisiologicamente -nel corso degli anni la struttura del circolo e le cariche al suo interno sono mutate. La costante è Fulvio Coceani, che è stato l'iniziatore ed è da sempre l'anima della manifestazione. Invece Renato Valentinuz, che con Fulvio aveva fondato il circolo, a un certo punto ha lasciato. Io in realtà sono entrato presto, ma non fin dall'inizio. Il circolo è nato nel 1991 ed il primo concerto fu quello del quartetto Veranda di
Riccardo Tesi
accordion
Egberto Gismonti
guitarb.1947

Paul Motian
drums1931 - 2011
AAJ: Una partenza mica male!
MB: Da allora siamo andati avanti io, Fulvio, Claudio Corrà, anche lui della vecchia guardia, e altri, con vari cambiamenti. Specialmente tra gli addetti stampa, che "divoriamo" un po' come fanno certi presidenti di squadre di calcio con gli allenatori... (e qui ci vorrebbe uno "smiley" sorridente!).
AAJ: Tutti volontari?
MB: Noi sì. Guadagna solo chi lavora per noi, cioè gli addetti stampa, gli allestitori, i tecnici del suono, eccetera.
AAJ: In una realtà come quella attuale, nella quale uno dei problemi organizzativi è la scomparsa dei volontari, che voi lo siate tutti e teniate in piedi da vent'anni un festival di questo livello è davvero encomiabile!
MB: In effetti abbiamo difficoltà a trovare giovani leve che in prospettiva ci sostituiscano: recentemente ne è entrato uno, Riccardo Braggion, ma è una mosca bianca. ? difficile persino trovare qualcuno che sia disponibile ad accompagnare un musicista alla stazione o all'albergo: se me lo avessero chiesto a me, quand'ero giovane...!
AAJ: L'effetto "capelli bianchi" vale anche per il pubblico?
MB: Purtroppo sì, infatti con Controtempo cerchiamo di organizzare delle iniziative che possano coinvolgere un pubblico più giovane. A Trieste, per esempio, attuiamo collaborazioni con il Conservatorio, offriamo biglietti all'Università, ma è difficile, molto difficile. E i media, che trascurano il jazz, soprattutto quello più originale e coraggioso, non aiutano.
AAJ: Puoi dire qualcosa del programma di quest'anno?
MB: Le quattro serate in teatro con i nomi più importanti vedranno in scena

Steve Coleman
saxophone, altob.1956

Enrico Rava
trumpetb.1939

Sun Ra
piano1914 - 1993

Craig Taborn
pianob.1970

Chris Speed
saxophone
Hamid Drake
drumsb.1955

William Parker
bassb.1952

James Brandon Lewis
saxophone, tenorb.1983

BassDrumBone
band / ensemble / orchestra
Mark Helias
bass
Gerry Hemingway
drumsb.1955

Ray Anderson
tromboneb.1952
AAJ: Com'è nata l'idea di sconfinare in Slovenia?
MB: La nostra è una terra di confine, che corre sulle colline del Collio: i contatti sono sempre stati molti e stretti, anche se nei primi tempi la frontiera era ancora attiva e per andare di là ci voleva la carta d'identità e si poteva passare solo da alcuni valichi. Oggi è tutto diverso, il territorio è stato riunificato e le escursioni sono aumentate: da diversi anni collaboriamo con il Kulturni Dom di Nova Gorica, nel cui auditorium facciamo il concerto del sabato mattina -quest'anno sarà di scena

Cristiano Calcagnile
drums
Jakob Bro
guitarb.1978

Joey Baron
drumsb.1955

Thomas Morgan
bass, acousticAAJ: Le date, come tutti gli anni, sono quelle dell'ultima settimana di ottobre. Si tratta di una tradizione che rispettate o c'è un motivo specifico?
MB: La scelta della data inizialmente fu casuale, cercavamo solo un periodo che non fosse il solito "estivo," ma per la conferma della tradizione c'è anche un motivo: abbiamo infatti poi scoperto che il 26 ottobre è la festa nazionale austriaca -la "Dichiarazione di Neutralità," che corrisponde al giorno in cui, nel 1955, le truppe alleate, rimaste dopo la guerra, lasciarono definitivamente il Paese. Questo favorisce l'arrivo di spettatori austriaci, che possono fare un ponte e prendersi qualche giornoquest'anno, per esempio, il 26 cade di giovedì -restando da noi per l'intero festival.
AAJ: Grande festival, programma di alto livello, belle locations, cantine con vini meravigliosi: ma tu che lo organizzi riesci anche a goderti tutto questo o le mille cose in cui ti vedo sempre impegnato te lo rovinano?
MB: Bella domanda! Dipende da tanti fattori: dalla disposizione del programma -per esempio lo scorso anno ho dovuto saltare due concerti perché era fisicamente impossibile riuscire ad andarci -o dalle situazioni che si creano -musicisti che arrivano all'ultimo momento, o che devono partire mentre altri suonano, soundcheck che si sovrappongono ai concerti o situazioni varie da sbrogliare... Detto questo, io cerco di godermi la musica il più possibile e spesso ci riesco. Comunque registriamo tutto su video, perciò se perdo qualcosa, poi me la godo nei mesi successivi.
Foto: Luca D'Agostino (Phocus Agency).
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