Ha le stimmate della musica di tradizione popolare, per�� con un aplomb decisamente "colto," questo album delle due giovani artiste norvegesi, sia che al centro delle operazioni ci siano temi effettivamente tradizionali (quattro), sia composizioni originali (sette).

Voce e Hardanger fiddle—che �� poi l'antico violino norvegese, molto simile a quello canonico, per�� con pi�� corde (otto o nove), in genere raddoppiate come nel mandolino, o nella chitarra a dodici corde—si dividono equamente il proscenio, con Benedicte Maurseth a sua volta episodicamente in veste di cantante.

Il clima �� schiettamente nordico (e in ci��, appunto, colto e popolare insieme), algido, rilasciato, fortemente evocativo (in qualcosa ricorda il monologare di un John Surman). Le due entit�� procedono ora affiancate, ora ognuna per suo conto, in quest'ultimo caso con una maggiore "motoriet��" quando �� l'arco a occupare il singolo episodio (persino quasi ballabile "Huldrespringar") e una maggiore fissit��, invece, quasi atemporale, aspaziale, allorch�� �� la voce a prendersi per intero la scena.

Sono, sia quel che sia, i brani in coppia a farsi preferire, quasi tutti posti nella prima parte del disco, che di conseguenza, nel prosieguo, non riesce del tutto a eludere un minimo di staticit��, di ripetitivit��, di carenza evolutiva. Il fascino, peraltro, quello non viene mai meno.