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Patrizio Fariselli, tra passato e futuro

Molte delle cose costruite negli anni 1973-1974 reggono bene l'usura del tempo e, anzi, "funzionano" ancora molto bene
Patrizio Fariselli
pianoTra i collaboratori di quell'album spiccava l'eclettica vocalist Claudia Tellini, presente in quattro brani (tra i quali "Song of Ugarit," pezzo cantato in una lingua semitica pre-fenicia). Un'interprete di chiara formazione jazz che, nei concerti live di presentazione di 100 Ghosts era, tra l'altro, riuscita nella non facile impresa di far rivivere con naturalezza ed energia, alcuni classici del repertorio Area cantati da Demetrio Stratos come "Cometa Rossa" o "Gioia e Rivoluzione."
Oggi ritroviamo Fariselli e Tellini nel recentissimo Live in Japan a firma di Area Open Project, affiancati da

Walter Paoli
drums?Ho conosciuto Claudia Telliniracconta Farisellitramite Walter Paoli, batterista con il quale avevo condiviso nel 2012 la reunion degli Area con

Ares Tavolazzi
bassAll About Jazz: L'incontro con Claudia Tellini è stato quindi assolutamente casuale.
Patrizio Fariselli: Esatto. Anche perché in tutti questi anni mi sono volutamente tenuto alla larga da cantanti e vocalist. Dopo l'esperienza con Demetrio Stratos, mi interessava più che altro lavorare in organici strumentali. Ci sono solo state alcune eccezioni in passato come "Cometa Rossa" in Live 2012 cantata da

Maria Pia De Vito
vocalsb.1960
AAJ: Un'interpretazione che mette in piena luce anche la parte testuale.
PF: La sua vocalità è così naturale, pulita e spontanea che riesce a dare vigore anche ai testi. Testi che vengono dal passato, ma che "suonano" estremamente attuali anche oggi.
AAJ: Parliamo del disco. Come è nata l'idea di registrare un live?
PF: L'idea è venuta a posteriori. Sfera Entertainment aveva deciso, in ogni caso, di registrare il concerto a livello audio e video con una strumentazione di alta qualità. Si trattava, difatti, di un evento importante davanti a un pubblico preparato come quello giapponese. Un evento nell'evento perché quella sera di maggio dividevamo il palco con gli Arti&Mestieri, gruppo storico della Cramps della prima ora. Il concerto andò molto bene, ma per me la cosa era finita lì. Una volta rientratoin Italia, circa un mese dopo, ho visionato e ascoltato il materiale e mi sono convinto che avevamo realizzato qualcosa di importante. Un documento che meritava di essere pubblicato. E, dunque, il disco è uscito in contemporanea in Italia per la Warner e in Giappone per la King Records che, oggi, è una grande compagnia ma che negli anni Settanta era una piccola etichetta che ha sempre pubblicato i dischi degli Area.
AAJ: Il disco è stato registrato in Giappone, paese con il quale hai da tempo un legame particolare.
PF: Il legame è soprattutto di tipo personale. Sono molto attratto dalla cultura di un paese che è lontano mille miglia da noi sotto tutti i punti di vista. Con una cultura davvero profonda e, per certi versi, unica. Mi interessa molto la loro spiritualità arcaica. Ho diversi amici giapponesi che fanno gli artisti e mi fa molto piacere studiare la lora forma mentis. A volte, guardando lo stesso oggetto percepiamo davvero cose diverse. Poi sono un appassionato di ukiyo-e, un genere di stampa artistica su carta impressa con matrici di legno fiorita nel periodo Edo, e mi piace, quando posso, andare alla ricerca di opere e mostre dedicate.
AAJ: Quest'anno hai presenziato a un evento che celebrava il ritrovamento di un video che riprendeva il primo concerto degli Area al Teatro Uomo di Milano nel 1976. Che rapporto hai con quel passato, certamente glorioso, ma forse a volte un po'imprigionante?
PF: Non parlerei tanto di gloria. A quei tempi non c'è mai stato modo di montarsi troppo la testa. Devo dire che non ho nessun tipo di problema a confrontarmi con quei trascorsi. ? un periodo che ricordo sempre con molto piacere anche perché osservo che molte delle cose costruite negli anni 1973-1974 reggono bene l'usura del tempo e, anzi, "funzionano" ancora molto bene. ? poi è un'esperienza che è stata talmente importante per la mia formazione che è entrata nel mio DNA, ecco perché ho anche messo il nome Area al mio nuovo gruppo. Voglio ribadire la mia apparenza a un tipo di pensiero e a un modo di suonare che continuo a portare avanti. Detto questo, sono un autore molto prolifico e, quindi, non ho il problema di rimanere attaccato al passato e poi mi piace lavorare a sempre nuove cose ed essere messo in discussione. A proposito di nuove cose, sono già nella pre-produzione in un nuovo lavoro solista che sarà pronto l'anno prossimo. Per i miei 70 anni, voglio fare qualcosa di importante.
AAJ: Lo scorso 10 novembre gli Area Open Project hanno suonato live in streaming all'Auditorium Parco della Musica a Roma. Come è stata questa esperienza e come stai vivendo questa situazione di tempo sospeso?
PF: Alla fine è stato un bel concerto, anche perché percepivamo dalle lucine delle video camere di ripresa la presenza del pubblico. ? stata dura tutta la prima parte, quando siamo arrivati in teatro e ci siamo resi conti che la platea sarebbe rimasta deserta per tutta la durata del concerto. ? stato destabilizzante a livello psicologico. E abbiamo investito non poche energie per mantenere i nervi saldi e la giusta concentrazione. La musica per me è prima di tutto un fatto sociale, lo streaming è un'ottimo strumento, ma come musicista non sono per il tele lavoro. Sono per condividere il mio tempo e le esperienze con gli altri. In presenza, ovviamente. Riguardo alla situazione odierna, il Governo ha tagliato le gambe al mondo della cultura, della musica dal vivo e del teatro. Tutti sanno che il 99% dei contagi avvengono negli autobus andando al lavoro o andando a scuola. Non certo andando a sciare o andando a teatro. Ho molte perplessità su come è stato trattato questo nemico invisibile e temo che le limitazioni di libertà, alle quali ci siamo dovuti adeguare per senso civico, tenderanno a permanere anche dopo.
AAJ: Nella scaletta di Live in Japan, ci sono anche brani come "Danza del Labirinto" che sono frutto di una tua ricerca personale sulle musiche arcaiche. ? questo un tuo campo di interesse che viene da lontano e che porterai avanti anche in prossimi lavori?
PF: Sì sicuramente. L'archeologia e l'antropologia sono materie che mi hanno interessato da sempre. Da musicista le ho applicate al mio mondo. Ad esempio, della musica greca antica, che è alla base del nostro sistema musicale, abbiamo solo una ventina di frammenti di un papiro molto deteriorato dove sono annotate alcune melodie. Abbiamo dunque le note, ma non sappiamo come quelle note suonassero. In altre parole, non conosciamo il carattere o la "carne" di quelle musiche. Ci sono musicisti che tentano una ricostruzione filologica con risultati anche apprezzabili e che forse si avvicinano al vero. Il mio lavoro non è però il lavoro di un filologo, ma quello di un artista che cerca di ridare la "carne" a dei frammenti, utilizzando in primis la propria sensibilità di musicista. Con un'azione arbitraria certo, ma, credo, in grado di captare lo spirito profondo di note che vengono dalla notte dei tempi. Penso di avere sviluppato una specie di sesto senso, un po' alla Dylan Dog, il detective dell'assurdo che indaga su fenomeni quasi inesistenti. Ad esempio, in Giappone, ho suonato al piano una composizione che si chiama "Aria": è un brano tradizionale della Tracia e, dal mio punto di vista, è un brano assolutamente arcaico. La "Danza del Labirinto," il brano incluso in Live in Japan, è un brano popolare greco abbastanza recente, scritto non più di un secolo fa, Ma la scansione ritmica della danza in 5/4 è assolutamente arcaica. E risale alle antiche danze pre-labirinto architettonico, a carattere orgiastico: una danza spiraleggiante usata come prologo al compimento dell'atto sessuale. ? questo il tipo di ricerca che mi attrae e mi diverte.
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