Home » Articoli » Cover Stories » Una gemma Soft Machine per il quarantennale Cuneiform
Una gemma Soft Machine per il quarantennale Cuneiform

Per celebrare degnamente la ricorrenza del quarantennale non poteva quindi esserci miglior scelta che un inedito del gruppo simbolo per eccellenza dell'etichetta, quei

Soft Machine
band / ensemble / orchestrab.1966
Mike Ratledge
keyboards
Robert Wyatt
drums
Hugh Hopper
bass, electric1945 - 2009

Elton Dean
saxophone1945 - 2006
In quel Febbraio 1971 i Soft Machine avevano già alle spalle una storia piuttosto travagliata. Nati nel 1966 per iniziativa di un gruppo di amici che avevano frequentato la stessa scuola (sia pure in anni differenti) in quel di Canterbury, erano una evoluzione di altri progetti come il Daevid Allen Trio e i Wilde Flowers, che saranno documentati su disco solo molti anni dopo. La prima formazione era un quartetto che comprendeva, oltre a Wyatt e Ratledge, " data-original-title="" title="">Kevin Ayers al basso e " data-original-title="" title="">Daevid Allen alla chitarra, con Hugh Hopper che faceva da road manager e contribuiva con alcune composizioni. L'anno successivo realizzano un 45 giri e alcuni demo prodotti da Giorgio Gomelsky (pubblicati solo nel 1972), e si fanno notare suonando all'UFO club di Londra insieme ai primi

Pink Floyd
band / ensemble / orchestrab.1964

The Jimi Hendrix Experience
band / ensemble / orchestraAl rientro da un tour estivo di successo in Francia, all'australiano Daevid Allen viene negato l'ingresso in quanto non in possesso di un visto valido; Allen è pertanto costretto a rimanere in Francia, dove poco dopo fonderà i Gong. Il gruppo prosegue come trio, e a inizio 1968 accompagna la Jimi Hendrix Experience in un tour negli U.S.A. dove registrano il primo disco per la Probe, all'insegna di un rock psichedelico e dadaista non privo di spunti strumentali originali, ma i nastri rimangono nel cassetto per diversi mesi. Al termine di un secondo tour nordamericano massacrante in autunno il trio si scioglie, stanco e sfiduciato per la mancata pubblicazione del loro album nonostante il buon successo di pubblico. Ayers, nauseato dal business, decide di abbandonare la musica (ma in seguito ci ripenserà), Ratledge torna in Inghilterra e Wyatt rimane negli Stati Uniti dove dopo alcuni ingaggi sulla West Coast si trasferisce a New York per lavorare ad alcuni demo ai Record Plant Studios. Qui riceve una chiamata dalla casa discografica che, entusiasta dell'album, lo intende pubblicare immediatamente sul mercato americano, e vuole il gruppo per un nuovo tour promozionale e l'incisione di un secondo album previsto dal contratto. Il trio perciò si ricostituisce a inizio 1969 con Hopper al basso al posto di Ayers che non ne vuole più sapere, e incide il secondo album Volume Two negli Olympic Sound Studios londinesi con la partecipazione di " data-original-title="" title="">Brian Hopper, fratello di Hugh, al sax. Il lavoro prosegue ancora sulla scia della psichedelia, ma aprendosi maggiormente anche al jazz.
Le ambizioni del gruppo crescono, soprattutto per il desiderio di Ratledge di avere un organico maggiore per dare sfogo alla sua vena compositiva. Dal sestetto di Keith Tippett arriva allora l'intera sezione fiati composta dal sassofonista Elton Dean, il trombettista

Mark Charig
trumpetb.1944
Nick Evans
tromboneb.1947
Lyn Dobson
saxophoneAnche Dobson lascia, e prende forma il quartetto classico, che rappresenterà l'apice della creatività del gruppo nei suoi 18 mesi di vita, diventando anche la formazione più longeva nella storia dei Soft Machine. Ma all'interno del gruppo ci sono forti tensioni tra i musicisti, tutti dotati di forte personalità. L'arrivo del sassofonista ha decisamente spostato gli equilibri verso un jazz moderno, elettrico (si sta cominciando a parlare di jazz-rock anche in virtù del coevo Bitches Brew di

Miles Davis
trumpet1926 - 1991
Fortunatamente, negli anni sono emerse numerose registrazioni che a integrazione della scarna discografia ufficiale dell'epoca documentano la grandezza del gruppo anche nella dimensione dal vivo, oltre all'evoluzione dei vari lineup nel tempo. Nel catalogo Cuneiform figurano una dozzina di titoli a nome dei Soft Machine, con registrazioni di qualità audio variabile che vanno dal 1967 al 1975. I concerti norvegesi arrivano dopo un anno che il gruppo si è assestato nella formazione in quartetto, ed è quindi ampiamente rodato. I concerti si svolgono generalmente in due set continui, con i temi che si succedono l'un l'altro senza interruzioni. La scaletta è uguale per le due serate, tranne che per la presenza di un bis nella seconda, ed è la stessa che sarà riproposta a Brema meno di un mese dopo in un concerto pubblicato sull'album Virtually nel 1998, e che rimarrà l'ultima testimonianza live del quartetto (a meno di una breve sessione per la BBC registrata il 1 giugno 1971).
Il materiale proviene in prevalenza da Third ("Facelift," "Slightly All the Time," "Out-Bloody-Rageous") e da Fourth, che veniva pubblicato negli stessi giorni, e del quale sono presenti tutti i temi ("Virtually," "Fletcher's Blemish," "Teeth" e "Kings and Queens"). In più troviamo due temi che saranno incisi (senza Wyatt) sul successivo Fifth ("All White" e "Pigling Bland"), e un brano firmato da Elton Dean ("Neo-Caliban Grides") che comparirà nel suo primo album solo. Infine, è presente una breve "Vocal Improvisation" che fotografa il poco spazio dedicato alla voce di Wyatt.
Ogni CD (o LP, nel caso della versione su 4 vinili) contiene un set completo in un flusso continuo di musica che sfugge a ogni tentativo di categorizzazione, risultando ancora fresca e originale a oltre mezzo secolo di distanza. Anche se i due concerti presentano lo stesso materiale, questo non è cristallizzato, ma ogni sera si sviluppa ex novo, assumendo nuove forme e declinazioni a seconda delle improvvisazioni e degli umori del quartetto. Al sassofonista sono lasciati i momenti più free nelle sue due composizioni che rispettivamente chiudono il primo set e aprono il secondo, mentre a Ratledge spettano gli assoli più infuocati col suo organo Lowrey, generalmente accompagnati da Dean al piano elettrico, in un impasto di tastiere abbastanza nuovo per l'epoca. Il basso di Hopper funge da pietra angolare di tutta la struttura musicale, adeguatamente sostenuto dalla batteria anarchica di Wyatt.
L'ottima qualità audio della registrazione (anche se il sax di Dean appare talvolta distante) permette di apprezzare gli intrecci strumentali e i timbri che caratterizzano ciascun musicista (l'organo distorto di Ratledge, il basso fuzz di Hopper, il drumming morbido ma deciso di Wyatt, il saxello di Dean) creando un impasto sonoro unico e inconfondibile. L'apporto individuale di ciascuno di loro è indispensabile alla creazione di quel sound immediatamente riconoscibile che ha segnato un'epoca di grandi transizioni come è stato in musica il biennio 1970-1971, stagione irripetibile della quale i Soft Machine sono stati tra i maggiori protagonisti.
In un momento in cui si comincia a parlare di jazz-rock (o rock-jazz, a seconda dei punti di vista e di chi lo propone) gettando le basi anche per quello che nel decennio successivo diventerà il fenomeno fusion, i Soft Machine spiazzano tutti proponendo una musica assolutamente nuova e originale, che sembra prendere sia dal rock che dal jazz, ma che non è minimamente riconducibile a nessuno dei due generi, così come il drumming di Wyatt, che esula completamente dalle tipicità del rock e del jazz. Anche Dean, che dovrebbe essere il più inquadrato dei quattro, proveniendo da un contesto decisamente jazzistico, se ne distacca già con la scelta dello strumento principale, il saxello (un soprano dalla forma e dal timbro particolari, non molto usato nel jazz).
Il marchio Soft Machine resisterà fino ai giorni nostri, anche se non continuativamente, con diversi interpreti che si alterneranno nelle diverse incarnazioni della band, ma l'apice toccato dal quartetto nel '70-'71 non sarà più eguagliato, pur registrando tra alti e bassi anche alcuni altri risultati di notevole livello. Questa particolare formazione è degna di entrare nella storia della musica moderna al pari di altre ben più famose e celebrate come i

Cream
band / ensemble / orchestra
Jimi Hendrix
guitar, electric1942 - 1970

Miles Davis
trumpet1926 - 1991

John Coltrane
saxophone1926 - 1967

Bill Evans
piano1929 - 1980

Paul Motian
drums1931 - 2011

Scott LaFaro
bass1936 - 1961
Tags
Cover Stories
Soft Machine
Ludovico Granvassu
Cuneiform Records
Mike Ratledge
Robert Wyatt
Hugh Hopper
Elton Dean
Kevin Ayers
Daevid Allen
Pink Floyd
The Jimi Hendrix Experience
Brian Hopper
Mark Charig
Nick Evans
Lyn Dobson
Miles Davis
Cream
Jimi Hendrix Experience
John Coltrane
Bill Evans
Paul Motian
Scott La Faro
Comments
About Soft Machine
Instrument: Band / ensemble / orchestra
PREVIOUS / NEXT
Support All About Jazz
