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Vicenza Jazz 2023

Courtesy Roberto De Biasio
Varie sedi
1020.5.2023
Almeno due sono state le idee portanti che hanno caratterizzato la ventisettesima edizione di Vicenza JazzNew Conversations. Innanzi tutto, come ha spesso ripetuto il direttore artistico Riccardo Brazzale nel presentare i concerti, più che in passato si è voluto puntare lo sguardo su proposte rappresentative della ricerca jazzistica più attuale, cogliendo la vitalità di un linguaggio in continua evoluzione, basato su una fertile ibridazione di culture, tendenze, generi musicali. Nel contempo, molto opportunamente è stato dato largo spazio alla presenza femminile, anche in questo caso cogliendo un fenomeno importante, in atto non solo in ambito jazzistico. Ad approfondire questo aspetto intervengono molti dei saggi specialistici contenuti nella preziosa pubblicazione "I quaderni del jazz 23," edita ogni anno a partire dal 2001, che vanno ad arricchire la mera illustrazione del programma dell'edizione in corso. Di quanto sopra anticipato in sintesi, si è avuta conferma nelle tre giornate a cui ho potuto assistere, concentrate nella parte conclusiva del festival vicentino.
Nella cornice unica del Teatro Olimpico si sono susseguite due proposte quasi antitetiche.

Danilo Rea
piano
Michel Godard
tubaIl Tiger Trio, sodalizio tutto al femminile fondato nel 2015 da

Nicole Mitchell
fluteb.1967

Joëlle Léandre
bassb.1951

Myra Melford
pianob.1957
In questo contesto, più che in altri, la flautista ha potuto mostrare la propria maturità tecnico-espressiva, elaborando un fraseggio agile, spiritato, pieno di sorprese melodico-timbriche, con inserimenti vocali emessi con una vocina quasi infantile. Il procedere apparentemente austero, in verità sussultorio, divertito e imprevedibile, del contrabbasso quasi sempre suonato con l'archetto dalla francese Léandre, la più anziana del gruppo, ha garantito un'irresistibile approccio gestual-teatrale. Il pianismo della Melford infine ha ricoperto un ruolo più autenticamente jazzistico, ovviamente free, predisponendo nella diteggiatura percussiva e nelle complessità armoniche un contesto frastagliato, talvolta frenetico.
Di tenore più "jazzistico," nel senso canonico del termine, è stata la serata successiva al Ridotto del Teatro Comunale, in cui si sono succeduti due quartetti, il primo americano il secondo italiano, entrambi estremamente compatti e agguerriti.
Rispetto a precedenti apparizioni, connotate dall'esperienza al fianco di

David Bowie
vocals1947 - 2016

Donny McCaslin
saxophone, tenorb.1966

Zach Danziger
drums
Jonathan Maron
bass, electric
Jason Lindner
keyboardsNon molto diversa l'energia e la determinazione dimostrate da The Connection, il quartetto italiano salito sul palco subito dopo e pilotato da alcuni anni da

Fabrizio Bosso
trumpet
Rosario Giuliani
saxophone, altoAlberto Gurrisi
organ, Hammond B3Marco Valeri
drumsTre date con differenti formazioni, una sorta di residenza o di carta bianca, sono state concesse all'emergente strumentista Zoe Pia. In un concerto pomeridiano la clarinettista sarda è stata uno dei poli del duetto con

Mats Gustafsson
woodwindsb.1964
Il loro interplay esemplare ha generato un dialogo dalle tinte forti, compendiando istinti primordiali e tragedie post-atomiche, culture ancestrali che permango nel nostro DNA e proiezioni in un futuro cosmico, senza per questo escludere ripensamenti, più serene decelerazioni, esternazioni melodiche appassionate. Il loro recente sodalizio, reduce da una tappa romana durante la quale è stato registrato il materiale per un'edizione discografica del Parco della Musica, è stato ospitato negli Spazi ipogei di Palazzo Thiene, una lunga galleria con volta a botte in mattoni, poco capiente ma ideale per il messaggio veicolato, oltre che per la resa acustica.
Zoe Pia e i Tenores di Orosei, che nel concerto pomeridiano con il sassofonista svedese si erano inaspettatamente inseriti nell'ultimo brano, sono stati i protagonisti del concerto di mezzanotte al Cimitero Maggiore, appuntamento che si replica da una decina d'anni. Questa ambientazione anomala e coraggiosa in realtà è in grado di far scaturire atmosfere magiche, che tuttavia quest'anno hanno fatto fatica a concretizzarsi. Gli interventi della polistrumentista si sono sovrapposti o intercalati ai ben calibrati canti tradizionali del quartetto vocale, realizzando controcanti ora consonanti ora più audaci e sperimentali, a tratti decisamente contrapposti. Non sono mancati momenti suggestivi, ma nel complesso la performance non è riuscita a coinvolgere pienamente il pubblico, risultando frammentaria, senza approdare a un necessario e intenso dialogo fra tradizione etnica e attualizzazione culturale, senza raggiungere esiti formali ed espressivi esaltanti. La formazione ha da poco concluso la registrazione di brani che confluiranno in un CD, la cui pubblicazione da parte di un'etichetta norvegese è prevista per l'autunno.
Nella terz'ultima serata di Vicenza Jazz 2023 si è assistito a un evento in esclusiva europea: il concerto per solo piano di

Abdullah Ibrahim
pianob.1934
In una performance di oltre un'ora, il pianista ha concentrato l'essenza della sua sensibilità attuale, ha stratificato un mondo personale di ricordi, convinzioni e sogni, proiettando se stesso e gli ascoltatori rapiti in una dimensione immaginaria e utopica, poetica e decantata, in cui tutti i conflitti, individuali o sociali, del passato ed anche odierni, sembravano appianarsi in una visione della realtà pacificata da una speranza serena ma incrollabile, tutt'altro che remissiva. Nel bis, in piedi, con voce screziata e incerta ha cantato una sorta di spiritual dolente. Poco importa se fosse un suo original, come appare probabile, o un tema della tradizione popolare; di sicuro si è trattato di un'esternazione non dilazionabile, anti-leziosa e dalla coriacea concretezza scaturita dalla sua anima. L'entusiastica accoglienza del pubblico rimane rappresentata ai miei occhi dall'infervorato Jason Lindner, che in piedi davanti a me non la smetteva di applaudire e gridare.
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