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Albert Ayler. Un ardito sogno futuristico

Courtesy Rolf Sara
Albert Ayler
saxophone, tenor1936 - 1970
L'apparizione del sassofonista nel mondo del jazz, una vera epifania, impressionò molti, tra cui

John Coltrane
saxophone1926 - 1967

Gary Peacock
bass, acoustic1935 - 2020
Allo stesso modo, il musicologo tedesco Ekkehard Jost, nel suo fondamentale testo Free Jazz del 1975, parla di "archi di suono," mentre

Steve Lacy
saxophone, soprano1934 - 2004

King Oliver
trumpet1881 - 1938

Sidney Bechet
saxophone, soprano1897 - 1959

Rex Stewart
trumpet1907 - 1967
L'etichetta Hat Hut Records ripubblica ora, nella collana Revisited Series by ezz-thetics, due documentazioni di fondamentale importanza della produzione ayleriana: Albert Ayler Quartet With Don CherryEuropean Recordings Autumn 1964, in doppio CD, e Albert Ayler 1965Spirits Rejoice & Bells. La cosa offre lo spunto per qualche riflessione sulla figura del sassofonista di Cleveland, del quale lo scorso novembre ricorreva il cinquantennale della tragica, prematura scomparsa.
Ayler resta tuttora una delle figure più misteriose, trascinanti e controverse della storia musicale nero-americana. Catalizzatore dell'attenzione e della stima di musicisti, musicologi e poeti del calibro che abbiamo sopra citato, ispiratore di tanti, il musicista sfugge ancora oggi alla comprensione di alcuni. Il suo sottrarsi ai canoni, il suo percorrere direzioni profetiche, toccava territori in grado di disorientare l'ascoltatore.
Peter Niklas Wilson, nel suo volume Spirits Rejoice! Albert Ayler und seine Botschaft, pubblicato in Italia nel 2013 da Edizioni ETS con il titolo Albert AylerLo spirito e la rivolta, riporta alcune delle citazioni sopra estrapolate, ma pure altre impressioni del tempo, tra cui la recensione di

Kenny Dorham
trumpet1924 - 1972

Alexander von Schlippenbach
pianob.1938
A chi riuscisse ancora a trovarlo, raccomandiamo la lettura del testo di P.N. Wilson, magistralmente curato nell'edizione italiana da Francesco Martinelli e Antonio Pellicori, con dettagliata discografia e ampia bibliografia. A questo, si affiancano naturalmente i testi del corposo libretto accluso al cofanetto di inediti Holy Ghost, pubblicato nel 2004 da Revenant, oggi accessibile purtroppo solo sborsando cifre da capogiro.
Ma torniamo all'ascolto delle ultime due uscite dedicate ad Ayler, curate dall'etichetta svizzera: erano state precedute, nella stessa collana editoriale, da Saints to Holy Spirits, registrato con due differenti quartetti nel 1964, e da Prophecy, che propone un concerto al Cellar Cafè di New York, in trio con Peacock e

Sunny Murray
drums1937 - 2017
Qui ribadiamo l'esemplare inserimento della cornetta di

Don Cherry
trumpet1936 - 1995

Sunny Murray
drums1937 - 2017
Don Cherry imbocca una via mediana, che aderisce perfettamente alla propria personalità, aggiungendo valore all'economia del gruppo. Il suo fraseggio è etereo e allo stesso tempo tagliente, si muove con destrezza e indole selvatica, serbando attenzione precisa, prontezza dell'istinto, reattività. Si insinua con la leggerezza di un volatile nei pertugi delle masse sonore e del potente vibrato di Ayler, ne affianca con empatia certe movenze, ne punteggia le ondate poderose. Le registrazioni in oggetto ne rappresentano costante dimostrazione, a partire dallo straordinario "Angels," che apre con lacerante drammaticità il doppio CD e il concerto di Hilversum, proseguendo con l'ispido "C.A.C." e inoltrandosi nella dolente fanfara di "Infant Happiness," felice creazione dello stesso Cherry. Le quattro versioni di "Spirits," tre delle quali registrate a Copenaghen, mettono ancora in evidenza la libertà di approccio, con la splendida concisione e l'esaltante finale di quella danese del 10 settembre. E quella del 26 settembre, che chiude, in funzione di sigla, il concerto: brevissima e lasciata spegnere nell'aria, a incontrare l'applauso.
La coralità ribollente, basata su motivi melodici semplici (dall'inno di chiesa alla marcia, alla fanfara) che incontriamo in Bells e Spirits Rejoice, riuniti nell'altro CD Hat Hut, è ben conosciuta. Qui si rompono gli equilibri del trio e del quartetto precedenti e si giunge a nuove turbolenze dionisiache, in lavori tra i più celebrati della produzione di Ayler, insieme a quelli sopra ricordati. Rispetto alla formazione del '64, il sassofonista pratica una virata, coinvolgendo il fratello Donald alla tromba, dall'approccio ben più ruvido e greve rispetto a Cherry. Ci sono poi i giovani

Charles Tyler
saxophone, baritone1941 - 1992
Si proseguiva con "No Name," presente anche nel concerto di Hilversum, e solo dopo questo si sfociava nel vero e proprio "Bells," strutturato su nuclei tematici ispirati sempre alla marcia, che si propongono in alternanza serrata con gli interventi dei solisti, fino alla rovente improvvisazione collettiva del finale. Un sestetto con i due contrabbassi di Peacock e

Henry Grimes
bass, acoustic1935 - 2020
Nel cuore del suo "ardito sogno futuristico," come ebbe a dire

Archie Shepp
saxophone, tenorb.1937
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