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AngelicA 35 a Bologna e Modena

Courtesy Massimo Golfieri
Festival Internazionale di Musica
Bologna, Modena
Varie sedi
30 aprile31 maggio 2025
Da sempre il festival bolognese permette di assistere alle più varie esperienze musicali dell'attualità, senza vincolarsi a generi, autori o prassi esecutive. Ma forse un limite se lo è imposto Massimo Simonini, infaticabile e coerente direttore artistico: quello di evitare sempre qualsiasi espressione del già affermato mainstream, del "popular" ormai troppo consolidato e riconosciuto. Una prerogativa di AngelicA è quella di presentare quasi sempre produzioni originali in prima assoluta, oppure progetti in prima italiana, affidando l'organizzazione dei concerti di volta in volta al lavoro competente di diversi curatori. Di questa edizione del festival, partito nel lontano 1991 e seguito da un fedele pubblico di ascoltatori curiosi e disponibili, ho selezionato alcuni concerti secondo me particolarmente interessanti; mi rimane il rammarico però di aver escluso per varie ragioni gli altri appuntamenti.
Appunto con una prima assoluta si è aperto il festival del 2025 nell'abituale sede del Centro di Ricerca Musicale al Teatro San Leonardo, presentando il binomio


Rhys Chatham
multi-instrumentalistPoche sere dopo, al Teatro Comunale di Modena, Rhys Chatham ha ripreso il suo A Secret Rose for 35, nell'inedita versione per 33 chitarre, basso elettrico e batteria. Rispetto al duo dell'inaugurazione, più imponente è risultata la massa sonora creata dall'ampia formazione di chitarre, anche per la tessitura più densa; sempre in evidenza l'ossatura ritmica fornita dalle metriche infallibili del batterista Jonathan Kane e dai riff di volta in volta variati del basso elettrico di Myriam Stamoulis. Col procedere della performance si sono andate complicando le articolazioni combinatorie degli interventi chitarristici, fino a raggiungere, nel finale "Movement 5G33," un crescendo parossistico con fasi di monolitica fissità protratte ad libitum, esasperando la dimensione rituale di questo tipo di performance. Certamente l'operazione deve essere stata un'esperienza laboratoriale indimenticabile per i 33 allievi dei vari conservatori dell'Emilia-Romagna che componevano l'orchestra, suddivisi in due gruppi a destra e sinistra del palco e guidati da due colleghi coetanei, mentre Chatham al centro della scena, ieratico e metronomico, dirigeva il tutto.
Il 13 maggio Charlemagne Palestine è ricomparso in solo, misurandosi con l'organo della Basilica di Santa Maria dei Servi per riproporre Schlingen Bl?ngen, opera seminale risalente agli anni Sessanta e in seguito riadattata a contingenze sempre diverse. Il pubblico è stato accolto da un flebile accordo fisso e incantatorio emesso dall'organo, che è perdurato anche quando il performer, immobile e al buio al centro esatto dell'ultima campata della navata centrale, ha atteso e ottenuto il silenzio degli spettatori, prima di intonare un canto un po' sofferto, spiegato e mutevole che sembrava evocare certe modulazioni dei nativi d'America. Spostatosi poi all'organo ha via via inspessito la trama armonica ottenendo battimenti e risonanze voluminose, misteriose, avvolgenti, dalle quali a tratti sembravano emergere semplici e sotterranee linee melodiche. Altri accordi più decisi si sono aggiunti e la massa sonora si è fatta sempre più rigogliosa, incombente e inquietante. Tutta la progressione, beneficiando dell'acustica della chiesa gotica, ha portato ad una pienezza sonora assoluta, incontenibile ed esaltante, che nel finale è andata scemando abbastanza repentinamente.
Altri aspetti eccentrici e personalissimi di una concezione minimalista di ieri e di oggi sono emersi in altri concerti che hanno rappresentato una rarità nell'odierno panorama italiano. L'omaggio a Tom Johnson, compositore e critico musicale scomparso nel dicembre 2024, ha riproposto il suo singolare Nine Bells, composizione del 1979 in cui nove campane, allineate a tre a tre e sospese su supporti metallici secondo una griglia quadrata, vengono percosse dall'interprete che, con percorsi prestabiliti e a velocità diverse, anche di corsa, utilizzando di volta in volta mazze differenti, ottiene nove mini-viaggi sonori di maggiore o minore complessità. I passi del cammino del percussionista diventano quindi l'unità di misura su cui vengono costruite le metriche ritmiche sempre diverse delle nove scene compositive, definite anche dalle intensità e dai colori conferiti dai colpi sulle singole campane, le cui risonanze si sovrappongono nel tempo. ? evidente che in una performance come questa la componente musicale si coniuga con un parallelo e veemente aspetto ginnico-visivo. Ammirabile l'interpretazione del reggiano Simone Beneventi, Leone d'Argento alla Biennale Musica di Venezia nel 2010, che a Bologna ha dato consistenza sonora e visiva alla composizione, percorrendo più di quattro chilometri.
Un deciso cambio di rotta si è verificato con la prima italiana del duo Na?ny Diabaté -

Eve Risser
pianob.1982

Anche un altro esponente della ricerca europea più originale, il clarinettista polacco

Waclaw Zimpel
clarinet, bassb.1983
Uno degli impatti più sorprendenti del festival è venuto dal Iancu Dumitrescu & Hyperion International Ensemble, frutto di una residenza di pochi giorni, in cui una formazione cosmopolita ha messo a punto le istruzioni dell'ottantenne compositore e leader rumeno. La musica è iniziata forse ancor prima dell'ora prevista, senza presentazione, a mo' di gentile invito, mentre il pubblico stava ancora entrando alla spicciolata, poi la performance ha gradualmente preso corpo. Dumitrescu, seduto al centro del palco ha gestito una sorta di conduction con una serie di gesti ricorrenti, ora trattenuti ora imperiosi, ma indirizzati alle sezioni dell'affiatatissimo ottetto o ai singoli musicisti, che a loro volta hanno recepito all'istante le indicazioni traducendole in una musica estremamente motivata.
Tutto è risultato ruvido, primitivo, materico, con imprevisti effetti stranianti: dall'andamento strutturale della performance al tipo di interplay, dalle trame timbriche al contributo dei singoli... Fra tutti sono emersi in particolare evidenza gli interventi perentori dei due percussionisti -" data-original-title="" title="">Chris Cutler e Simone Beneventidisposti davanti alle estremità destra e sinistra del palco, oltre al particolare uso della chitarra da parte di Dan Antoniu, appoggiata in verticale e per lo più sfregata con l'archetto.
Tim Hodgkinson
clarinetUn paio di proposte erano attribuibili all'ambito jazzistico più attuale. Per verificare il peso dell'improvvisazione in performance diverse della medesima formazione, può essere utile il confronto fra il concerto bolognese del trio Circular Pyramid di

William Parker
bassb.1952

Ava Mendoza
guitar
Hamid Drake
drumsb.1955
Ben strana, in quanto perentoria, senza mezzi termini, l'interpretazione del mondo musicale di

Anthony Braxton
woodwindsb.1945

Alex Ward
multi-instrumentalistb.1974
Il festival si è chiuso con una bizzarra prima assoluta, voluta da Massimo Simonini che ha messo insieme due duetti preesistenti: il recente sodalizio fra

Cristina Zavalloni
vocalsEnrico Zanisi
pianoVincenzo Vasi
multi-instrumentalist
Giorgio Pacorig
pianoParodia dunque, umoristica e piena di sorprese interpretative, ma non direi smaccata e dissacrante, in quanto tesa a scoprire ed esaltare una dimensione già insita nelle composizioni stesse. ? evidente che i due cantanti hanno tenuto la scena come i veri mattatori, dialogando e scambiandosi i ruoli con ammiccamenti, unisoni, trovate gestuali, controcanti...: decisamente teatrale e virtuosistica la Zavalloni, ironico e più soft, a tratti quasi intimista, Vasi. Determinante e più "professionale" è risultato il contributo dei due tastieristi dall'alto della loro esperienza jazzistica: al pianismo elegante e dinamico di Enrico Zanisi ha fatto riscontro la pronuncia più corrusca e "sperimentale" di Pacorig alle tastiere elettriche ed effetti.
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