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Talos Festival Bande 2014

A tale proposito le formazioni e i protagonisti da lui riproposti, da quando nel 2012 ha ripreso le redini del festival, potrebbero sembrare frutto di un atteggiamento un po' nostalgico, poco propenso a scandagliare il fermento più giovane e attuale del panorama jazzistico internazionale, e ancor meno a rifugiarsi nelle certezze del mainstream. A ben vedere si tratta di un criterio di coerenza, di motivazione etica e di onestà culturale, di orgoglioso senso di appartenenza ad un comportamento jazzistico in cui le ragioni del cuore prevalgono decisamente su quelle del facile consenso. Un festival fortemente orientato dunque, diverso da tanti altri, lontano dalle logiche del mercato come da autoreferenziali chiusure intellettualistiche. Il pubblico locale e i numerosi addetti ai lavori intervenuti hanno dimostrato di condividere e apprezzare tali scelte.
Come nella passata edizione, l'anteprima del festival, dal 4 al 10 settembre, è stata quindi dedicata ad una selezione di bande attive all'interno di istituzioni culturali, conservatori, scuole, enti locali, creando anche inedite occasioni d'incontro e mirate produzioni originali.
Dopo questo intenso prologo, i riflettori della parte internazionale del Talos, dall'11 al 14 in varie sedi, sono stati puntati soprattutto su due realtà fondamentali della musica creativa europea dell'ultimo mezzo secolo: l'olandese Instant Composers Pool e quella scena britannica che a cominciare dagli anni Sessanta ha visto una stretta integrazione fra gli improvvisatori inglesi e gli espatriati sudafricani stabilitisi a Londra.
L'organico della ICP Orchestra era quello ormai consolidato da molti anni, comprendente protagonisti olandesi (

Han Bennink
drumsb.1942

Ab Baars
clarinet
Tobias Delius
saxophone, tenor
Michael Moore - Clarinet
clarinetb.1954

Tristan Honsinger
cellob.1949

Misha Mengelberg
piano1935 - 2017
Il repertorio ha prevalentemente reso omaggio al grande assente Misha, ma è anche ricorso agli indispensabili ed amati

Duke Ellington
piano1899 - 1974

Herbie Nichols
piano1919 - 1963
Il focus sulla ICP comprendeva anche una bella mostra della fotografa Francesca Patella, dal 2000 collaboratrice del Bimhuis di Amsterdam, e un commovente film di Cherry Duyns, che coglie l'ultimo tour di Misha Mengelberg, attanagliato dalle progressive menomazioni dell'Alzheimer, ma attorniato dalla stima e dal premuroso affetto dei colleghi. Probabilmente Han Bennink avrà intimamente dedicato all'amico Misha la sua solo performance. Anche in questo caso ci si è trovati di fronte a un classico, a un'esibizione esemplare, quasi dimostrativa, comprensibilmente meno imprevedibile e caustica di un tempo. La varietà ritmica/dinamica e la qualità timbrica del sound di Bennink hanno tracciato un compendio della storia del drumming jazzistico.
La peculiare scena inglese, che venne documentata dai dischi Ogun, è stata rievocata in un incontro (ben coordinato da Riccardo Bergerone e Roberto Ottaviano) con Hazel Miller, che della gloriosa etichetta è tuttora produttrice e animatrice.
La batteria di

Louis Moholo-Moholo
drums1940 - 2025
Il respiro ritmico tracciato da Moholo è risultato organico, frammentato e vibrante, tutt'altro che regolare e prevedibile, pur possedendo un senso di continuità circolare. Il pianismo a tutta tastiera di Livio, che ha utilizzato anche campane e strumenti a percussione accessori, si è rivelato d'indubbia matrice free, con sussulti, grovigli di note, insistenze e tese progressioni; ma nello stesso tempo ha metabolizzato il free per inoltrarsi in una sintesi narrativa che include romantici slanci melodici, temi danzanti e delicate riflessioni. Le prerogative individuali dei protagonisti si sono fuse in un dialogo empatico e fitto, concatenando situazioni diversificate e suggestioni emotivamente coinvolgenti.
Questo primo incontro fra generazioni ed esperienze diverse, fortemente voluto dal settantaquattrenne batterista, visibilmente emozionato, troverà forse la via dell'edizione discografica. Fra l'altro lo spazio raccolto del Teatro Comunale ha permesso un abbraccio particolarmente caloroso fra il pubblico e i due protagonisti.
Un altro pianista, l'inglese purosangue

Keith Tippett
piano1947 - 2020
Ma la presenza degli ospiti inglesi è sfociato in quel progetto speciale dedicato alla memoria di Nelson Mandela che si è rivelato l'evento del festival: vale a dire il concerto della MinAfric Orchestra, animata da Pino Minafra (in questa occasione autorelegato nella sezione dei fiati) e integrata appunto da Moholo, da Tippett, e da sua moglie Julie.
L'obiettivo era quello di far rivivere lo spirito, il clima di una stagione mitica e irripetibile del jazz europeo, quello dei Blue Notes e della Brotherhood of Breath. Per questo sono state reinterpretate composizioni dello stesso Tippett e di

Johnny Dyani
bass1945 - 1986
Mongezi Feza
trumpet
Dudu Pukwana
saxophoneb.1938
Fra le altre proposte di questa edizione del Talos non ha del tutto convinto il duo Klaus Paier-Asja Valcic (rispettivamente fisarmonica e violoncello), che ha già due dischi Act all'attivo e che pochi anni fa suscitò grande ammirazione al Jazz and Wine di Cormons. Nella loro musica, in cui si agitano vari umori di matrice popolare, a Ruvo sono emersi il drive della conduzione ritmica, soprattutto ad opera della violoncellista, la linearità accattivante dei temi, il cangiante impasto armonico fra i due strumenti, ma si è palesata anche la tecnica abbastanza modesta, non certo virtuosistica, del fisarmonicista.
Ben più rigoroso e riuscito è stato l'omaggio a

Steve Lacy
saxophone, soprano1934 - 2004
Un maestro altrettanto unico,

Frank Zappa
guitar, electric1940 - 1993

Di grande interesse inoltre la doppia presenza di

Gianluigi Trovesi
saxophoneIn una sorta di lezione-concerto il prezioso duo ha affrontato un singolare repertorio che dal Cinque-Seicento (sempre avvincente l'aria "Pur ti miro" dall'Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi) è giunto a brani di oggi, anche a firma di Trovesi. In una sala dell'Ex Convento dei Domenicani l'integrazione delle pronunce strumentali e l'intima dimensione cameristica hanno tratto giovamento dalla mancanza di amplificazione. In una sequenza solitaria il clarinettista ha esposto episodi brevi, gustosi, di tenore allegorico. A sua volta la clavicembalista è risalita invece all'origine popolare e balcanica del suo strumento (il cymbalon, il salterio), incorniciando una composizione di

Michel Godard
tubaL'Orobico Quartetto è di recente formazione, ma in realtà comprende collaboratori storici del sassofonista e suoi conterranei: Paolo Manzolini alla chitarra, Marco Esposito al basso elettrico e Vittorio Marinoni alla batteria. Per Trovesi questa formazione segna il ritorno ad un cifra prettamente jazzistica e tipicamente sua, in cui i temi di folklore immaginario e i loro sviluppi vengono prosciugati in un incedere più essenziale e decantato, in forme più eleganti rispetto alle epiche e trascinanti esecuzioni storiche dell'ottetto. Melodie e ritmi estremamente netti hanno messo in evidenza una pronuncia al contralto ancora agile e acuminata, che ha duettato con la voce complementare della chitarra di Manzolini.
Con il festoso rito di congedo il cerchio si è chiuso, riagganciandosi al tema trainante delle bande, oggetto dell'anteprima del festival, e dando appuntamento alla prossima edizione. Il trattamento della tradizione bandistica e delle matrici popolari del Salento, dei Balcani e di altro ancora da parte del salentino Cesare Dell'Anna & Girodibanda ha portato ad esiti sonori e visivi ampiamente contaminati, indubbiamente coinvolgenti, volutamente eccessivi, grotteschi, sfrenati, ammalianti, barocchi, Kitsch, circensi, ubriacanti...
Foto
Luciano Rossetti.
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