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Bergamo Jazz 2016

13-20 mar.
Tutto sommato Bergamo Jazz 2016 ha tenuto fede alle parole programmatiche di

Dave Douglas
trumpetb.1963
Fatta questa considerazione di costume, bisogna ammettere che la programmazione delle due ultime giornate del festival ha dimostrato un apprezzabile equilibrio fra proposte americane e di altre parti del mondo, fra approcci classicamente jazzistici ed espressioni dell'attualità in divenire.
Il versante aulico, classico, incontestabile del jazz era incarnato dal trio di

Kenny Barron
pianob.1943
Sono apparsi del tutto congeniali i due accompagnatori che completavano il trio, assieme al pianista anche nel CD appena pubblicato dalla Impulse!: l'austero giapponese

Kiyoshi Kitagawa
bass
Johnathan Blake
drumsCambiando riferimenti stilistici, sembra quasi un paradosso che una formazione scandinava come gli

Atomic
band / ensemble / orchestraNel concerto pomeridiano all'Auditorium, i loro original hanno dato vita a una performance fatta di pieni e vuoti, di contrasti coloristici e dinamici, di esuberanti esplosioni sonore e riflessivi ripiegamenti, lasciando emergere nitidamente i contributi, tutti indispensabili, dei singoli membri. Oltre al già citato H?ker Flaten, dalla pulsazione elastica e possente, sono emerse in evidenza la tromba crepitante e allucinata di

Magnus Broo
trumpet
Fredrik Ljungkvist
saxophone, tenorb.1969

Håvard Wiik
pianoIl giovane

Mark Guiliana
drumsFra i partner di Guiliana, più che il tenorista

Jason Rigby
saxophone, tenorb.1974

Fabian Almazan
pianob.1984

Vijay Iyer
pianob.1971

Chris Morrissey
bass, acousticUn altro batterista-leader americano, l'ancor più esperto

Billy Martin
drumsb.1963

Steven Bernstein
trumpetb.1961

Brian Drye
tromboneb.1975

Michel Godard
tuba
Curtis Fowlkes
trombone1950 - 2023

Marcus Rojas
tubab.1963
Il cinquantatreenne batterista si è comunque riservato il ruolo di protagonista, sia riempiendo perentori spazi solistici, soprattutto nella prima metà del concerto, sia conducendo una personale e parziale ricapitolazione della storia del jazz. A iniziali polifonie dixieland, briose e divertite, ha fatto seguito l'essenziale rivisitazione del colemaniano "Peace"; si è quindi passati a un andamento melodico-ritmico moderatamente arabeggiante, poi a collettivi più dissonanti e sperimentali, per finire l'esibizione con una misurata versione di "It Don't Mean a Thing..." In tutto questo era indubbiamente percepibile una solida regia e una funzionale complementarietà dei tre ottoni. Considerato l'organico, la singolare proposta di Martin è risultata tutto sommato sempre controllata, mai sopra le righe, a tratti quasi cameristica.
Il festival si è chiuso con un altro gruppo pilotato da un batterista: questa volta un protagonista che ha fatto la storia del jazz europeo degli anni Settanta e Ottanta, trattandosi di

Louis Moholo-Moholo
drums1940 - 2025
Rispetto ad altre sue formazioni apparse in Italia negli ultimi anni, il più ridotto quintetto 5 Blokes ha visto il fitto dialogo dei due giovani sassofonisti della front line: il tenorista

Shabaka Hutchings
woodwinds
Jason Yarde
saxophone, alto
John Edwards
bass, acoustic
Alexander Hawkins
pianob.1981
A ben vedere, se si considera che nel concerto d'apertura al Teatro Sociale

Han Bennink
drumsb.1942
Franco DAndrea
b.1941Foto
Luciano Rossetti.
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