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Fano Jazz by the Sea 2020

24-31.7.2020
Un festival estivo in piena regola. Non è poco in epoca di Covid (...e purtroppo non possiamo ancora dire di post-Covid). Un esempio di resistenza, di sfida, di sinergica capacità organizzativa, di voglia irreprimibile di musica dal vivo, da parte di chi la suona, ma anche per chi l'ascolta. Fano Jazz by the Sea è riuscito, pur con qualche inevitabile compromesso, a mantenere una sua identità, una sua struttura; certo riducendo al minimo la presenza straniera, rinunciando a quel punto d'incontro giovanile che era il Jazz Village, attenendosi per quanto possibile alle misure di sicurezza, ma proponendo nell'arco di otto giorni un ampio e articolato ventaglio di appuntamenti notevoli. Una programmazione che ha beneficiato per tutta la sua durata di condizioni meteo invidiabili e che è stata premiata da una sorprendente affluenza di pubblico.
Ben quattro dei concerti serali sul main stage della Rocca Malatestiana sono stati affidati a duetti; è incoraggiante constatare come una formazione così ridotta, ma così simbiotica e con una lunga e gloriosa storia alle spalle, abbia richiamato un folto pubblico riuscendo sempre ad appagarlo pienamente. Il duo

Fabrizio Bosso
trumpet
Luciano Biondini
accordionb.1971

Paolo Fresu
trumpetb.1961

Daniele di Bonaventura
bandoneonb.1966
Quanto al sodalizio altrettanto rodato di

Antonello Salis
accordion
Simone Zanchini
accordionL'unica presenza straniera al festival era rappresentata dal duo formato dal bassista

Michael League
bass
Pat Metheny
guitarb.1954

Jaco Pastorius
bass, electric1951 - 1987
Oltre ai duo, alla Rocca Malatestiana hanno tenuto la scena formazioni più ampie. In The Crossing, la compagine più recente coordinata dal sassofonista sardo

Enzo Favata
saxophone, sopranob.1956

Weather Report
band / ensemble / orchestra
Rosa Brunello
bass, acousticLa componente elettronica la fa da padrona anche nella musica del Cosmic Renaissance, il quintetto di

Gianluca Petrella
tromboneb.1975

Mirco Rubegni
trumpetFederico Scettri
drumsIl cartellone è riuscito a confermare, nei concerti pomeridiani alla ex Chiesa di San Domenico, la sezione Exodus dedicata agli "echi della migrazione." Quest'anno la serie prevedeva tre solo performance d'indubbio impatto ed è stata aperta da Dimitri Grechi Espinosa, che da anni ha approfondito l'esperienza concertistica in spazi caratterizzati da un'ampia risonanza. Fra l'altro fu proprio il sassofonista toscano che, ascoltato da Adriano Pedini, direttore artistico di Fano jazz, gli ispirò l'idea di ospitare, a cominciare dal 2016, concerti tematicamente mirati nella ex chiesa, tesi necessariamente a sfruttare l'ampia risonanza naturale dell'ambiente. Il tenore di Grechi Espinosa, che si è collocato nell'area absidale dietro l'altare, risultando invisibile al pubblico, ha esposto un senso melodico prosciugato in sequenze di poche note, lente ed evocative, innescando una narrazione avvolgente e circolare, dall'evidente sostanza mistica. In tal senso le sue esibizioni solitarie sono ormai dei classici, che di volta in volta rinnovano una sorta di preghiera autentica, adeguandosi alla conformazione fisica e acustica dei luoghi.
Anche la solo performance di

Marco Colonna
clarinet, bassb.1978
L'appuntamento intermedio di Exodus è stato affidato alla violinista e cantante

Anais Drago
violinDurante tutti gli otto giorni del festival, nell'ora che precede il tramonto, in quello spazio estremamente suggestivo che è la ex chiesa di San Francesco, rimasta priva di copertura, si sono tenuti i concerti dello Young Stage, vale a dire una policroma carrellata tesa a documentare meritorie proposte giovanili. Due le performance a cui ho personalmente assistito. Il duo O-Janà è formato dalla pianista romana Alessandra Bossa e dalla vocalist napoletana Ludovica Manzo. Con l'indispensabile apporto dell'elettronica, da parte di entrambe, le due comprimarie hanno imbastito un percorso preordinato di original, in cui un pacato camerismo, un moderato sperimentalismo e residui di minimalismo venivano intrecciati con concentrazione e una pensosa empatia.
Il contraltista ventiquattrenne Elias Lapia, nato in Sardegna a Siniscola e vincitore dell'edizione 2019 del Premio Massimo Urbani, ha maturato esperienze in Francia e Olanda. Le strutture degli standard e degli original eseguiti, i canonici spazi solistici, il tipo di interplay richiesto ai due partner (Salvatore Maltana al contrabbasso e Adam Pache alla batteria) hanno riproposto i modi di un mainstream acustico. Ha colpito comunque la maturità del linguaggio sassofonistico del leader, scandito, consapevolmente controllato e la personalità del suo sound, capace di affiancare accenti afoni ed escursioni acidule e lancinanti.
Foto: Andrea Rotili.
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