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I Want You di Marvin Gaye: una rigogliosa foresta di simboli jazzistici.

Courtesy Ernie Barnes
Grazie al visionario quadro The Sugar Shack del pittore statunitense Ernie Barnes, la copertina di I Want You è una rigogliosa foresta di simboli jazzistici intimamente connessi allo spirito, l'immaginario, l'anima della comunità afroamericana degli Stati Uniti.
Ultimo tra i capolavori di
Dalla fruizione policentrica di questo disco s'impara molto sul ruolo simbolico/catartico che riveste la tradizione culturale africana nella vita quotidiana dei ghetti neri statunitensi. In simbiosi con l'ascolto del brano "After the Dance," le pennellate africane dei ballerini rimandano alla dimensione coreutica della musica, che dall'Antichità accomunava Africa e Mediterraneo fino all'affermazione della filosofica platonica e poi della religione cristiana, con il relativo svilimento del corpo bypassato da grandi musicisti come

Thelonious Monk
piano1917 - 1982

Cecil Taylor
piano1929 - 2018

Count Basie
piano1904 - 1984

James Brown
vocals1933 - 2006
Il jazz si è distinto per aver veicolato questa dimensione tattile e corporea dell'esperienza musicale, che accomuna tutte quelle musiche testimonianti le tracce della diaspora africana nel mondo: il tango, il soul, il funky, il blues, l'honky-tonky, il gospel, la salsa, il samba, il rap. Si è così realizzata la suprema africanizzazione del mondo, che secondo

Cecil Taylor
piano1929 - 2018

Duke Ellington
piano1899 - 1974

Cab Calloway
composer / conductor1907 - 1994

Fletcher Henderson
arranger1897 - 1952
Le congas ipnotiche del disco rimandano quindi simbolicamente alla piramide sonora rovesciata della musica africana rispetto alla tradizione occidentale, grazie alla centralità gerarchica di timbri bassi e scuri rispetto a quelli acuti, che ad esempio caratterizza la pulsazione bassa e metronomica di "Sign O' the Times" di

Prince
multi-instrumentalist1958 - 2016

Michael Jackson
vocals1958 - 2009
La copertina di I Want You pone l'accento anche sulla tradizione orale insita nel processo creativo e comunicativo delle musiche afroamericane, attraverso l'interazione sinergica che dà luogo allo swing: la condivisione di un ritmo rispetto alla notazione di base fra i musicisti o tra questi e il pubblico, che reagisce alla musica battendo il piede, muovendo la testa, facendo schioccare le dita o emettendo quelle voci di empatia che contraddistinguono il minuto 1:53 di "Stella by Starlight," contenuto nel doppio CD The Complete Concert 1964 di

Miles Davis
trumpet1926 - 1991
Era la danza in cerchio praticata nelle colonie americane dagli schiavi africani per rafforzare la loro identità etnicoculturale e che si manifestava con la pratica del call and response e dei poliritmi creati anche dal battito di mani e piedi, in forme non dissimili dal tema mingusiano "Wednesday Night Prayer Meeting" o dal film Georgia Sea Island Singers, quando viene cantato il tema gospel "Bright Star Shining in Glory."
Queste suggestioni visuali stimolarono la creatività di Gaye a comporre un affresco di rara potenza musicale che scava a fondo nella sua coscienza, nelle sue radici, nella sua storia. In primo piano un sontuoso arazzo sonoro in cui predominano vulnerabilità emotiva e maturo slancio drammatico ricco di pathos. Il fine è quello di evocare le radici celate, possenti di un mondo (l'Africa) lontano e perduto che riaffiora tra i riff funkeggianti delle chitarre e l'impostazione jazzistica di ance/ottoni.
Lo dimostrano inequivocabilmente i ballerini ritratti nella copertina, che si divertono al ritmo della musica, ma recano con sè un'aura inquietante, cupa e malinconica. Rispetto al solare clima di "The Ghetto" rappresentato da

Donny Hathaway
vocals1945 - 1979
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