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Stefano Bollani e Antonello Salis al Ravenna Jazz Festival

Stefano Bollani
pianob.1972
Alla prova dei fatti il concerto al Teatro Alighieri ha dimostrato una sostanziale sintonia fra i due pianisti, un istantaneo ed empatico interplay che ha permesso di passare velocemente da un'idea ad un'altra, senza che mai l'uno o l'altro si soffermasse più di tanto a compiacersi del risultato appena raggiunto. In certi passaggi in cui l'improvvisazione si faceva più sfrenata sembrava che un'unica mente stesse azionando le quattro mani su un vasto armamentario strumentale. A tale proposito è il caso di sottolineare quanto sia risultato funzionale anche il saltuario ricorso da parte di Salis (e nel finale anche di Bollani) ad un set batteristico essenziale, con risultati che hanno ricordato un Bennink ovviamente più schematico, ma altrettanto trasgressivo e con senso del ritmo.
Un repertorio molto vario, imbastito al momento, ha compreso standard e temi folk, citazioni di arie operistiche ed anche l'interpretazione di canzoni italiane più o meno "nobili" come "E la chiamano estate" e "Un sole caldo caldo caldo," innescando l'uso del canto ironico di Bollani o dei cavernosi vocalizzi di Salis.
Varie anime dell'interpretazione musicale sono state perlustrate dall'affiatato duo: quella romantica e quella sperimentale, quella etnica e popolare e quella colta, quella parodistica e quella provocatoria... Tutto il patrimonio musicale accumulato nei secoli da varie culture poteva essere ugualmente saccheggiato, ma in questa operazione è comunque prevalso un atteggiamento di marca surreale, che ha portato a soluzioni deformate, a una dimensione visionaria, sovreccitata, eccessiva. A ben vedere è appunto questo atteggiamento che accomuna i due protagonisti, giustificando il loro incontro sul palcoscenico.
Da due istrioni come Salis e Bollani era logico aspettarsi che scaturissero anche situazioni comiche. Ma questo aspetto non ha banalizzato il concerto ravennate perché quasi sempre si è trattato di un umorismo amaro, autocritico, corrosivo; prova ne sia che solo nei due bis finali il pubblico ha avuto occasione di ridere di cuore.
Foto
Matteo Fiumara.
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