" data-original-title="" title="">Eleonora Strino, attraverso otto brani tutti della leader (in un caso in compropriet�� col pianista Vignali) a loro volta funzionali e ammiccanti quanto basta, nel senso che toccano corde che ogni ascoltatore avvertir�� come sufficientemente familiari da farlo sentire a proprio agio, che si tratti di un appassionato di un jazz rassicurante e ampiamente storicizzato (diciamo cos��) o di chi pratichi invece itinerari pi�� agili e commestibili.

Perch�� largamente commestibile questo album lo �� dal primo all'ultimo dei suoi quarantotto minuti, inducendo in chi dalla musica—e da un cd in particolare, cio�� da qualcosa che rimane, che si tramanda—si attende qualcosa che contenga qualche idea degna di questo nome, almeno un po' originale, magari persino coraggiosa, invece di lisciare semplicemente il pelo all'ascoltatore pi�� generico che esista, un senso di disagio, per ci�� che, appunto, dovrebbe sempre essere e invece qui non �� mai, non in un passaggio, in una soluzione un po' pi�� identitaria o addirittura ardita.

Il fascino della (pur dorata) banalit��, insomma. Per chi ne �� ammaliato.