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Südtirol Jazzfestival Alto Adige 2023

Courtesy Silvia Giovannelli
Analizzando la programmazione di quest'anno risulta abbastanza evidente come l'ombra lunga di Klaus si sia proiettata sulle scelte dei tre subentrati e che nelle grandi linee l'impostazione generale sia stata conservata. Innanzi tutto, come in passato il festival si è diffuso su tutto il territorio provinciale, anche con fini di promozione turistica, toccando Brunico e Merano, Bressanone e Fortezza, rifugi d'alta quota e abbazie storiche, parchi e jazz club... Per fare questo, con una prassi diventata ormai consuetudine sono stati replicati in varie sedi e orari alcuni gruppi ricorrenti, talora di più accessibile consumo, come il trio italiano Fat Honey o la giovane berlinese Kid Be Kid. Per quanto riguarda la provenienza delle proposte, si è continuato a rinunciare ai nomi americani (se si esclude la violoncellista guatemalteca Mabe Fratti), mentre ben rappresentate sono state le varie parti d'Europa, pur inserendo anche luoghi d'origine più lontani e anomali come la Corea del Sud di

Sun-Mi Hong
drumsUna presenza nuova e inattesa è stata appunto la batterista coreana Sun-Mi Hong, trasferitasi ad Amsterdam da una dozzina d'anni; il suo quintetto, rimasto invariato dal 2017, anno della sua fondazione, ha ormai tre cd alle spalle. Il suo primo concerto italiano era previsto al Parco Semirurali, ma per il maltempo è stato spostato all'Aula Magna della scuola Giovanni Pascoli, uno spazio invidiabile per capienza, arredamento ed acustica. Senza la minima amplificazione si è ascoltato un jazz organicamente strutturato, partito in sordina per approdare a collettivi più sostenuti, a temi complessi eseguiti dalla front line senza spartiti, a ripiegamenti e soste, a riprese di energia, a momenti di evocativo struggimento, a essenziali spazi solistici, a chiusure più o meno repentine. Se il delicato pianismo della coreana Chaerin Im ha portato linee melodiche di esplicita influenza orientale, la solida pulsazione del contrabbassista italiano Alessandro Fongaro e il drumming della leader, ben articolato e frastagliato, tutt'altro che effettistico, hanno sostenuto gli interventi dei due fiati: rotondo e pastoso, logicamente coordinato l'eloquio del tenorista

Nicolò Francesco Ricci
saxophoneLa mattina seguente, in un claustrofobico tunnel del Bunker Hun labirintico rifugio antiaereo scavato nella viva roccia dai tedeschi nella seconda Guerra Mondiale -Sun-Mi Hong e il "suo" trombettista Alistair Robert Payne hanno intrapreso uno dei loro abituali duo. In questa location inedita, "incredibile e terrificante" l'ha definita Payne, si è sviluppata un'improvvisazione prevalentemente meditativa, colloquiale, salvo accendersi in prolungati sussulti. Da sottolineare il crepitante e nitido lavoro sulle pelli della batterista ed in particolare la sua sensibilità nell'uso della grancassa.
Al SJF Base Camp, il main stage bolzanino, abbiamo ritrovato la Hong e Payne anche nel quintetto cosmopolita diretto dal chitarrista danese

Teis Semey
guitarb.1993
José Soares
saxophone, altoAl jazz club di Ca' de Bezzi, intorno alla mezzanotte, si sono ascoltate alcune proposte "forti" nella concezione come nella partecipazione esecutiva. Il trio Don Kapot, attivo da anni con base a Bruxelles, persegue una compattezza massima, senza ripensamenti, costruita su temi-riff a volte ludici, di candida banalità. L'imperterrito procedere del basso elettrico del greco Giotis Damianidis e il drumming spietato, decisamente punk-rock, di " data-original-title="" title="">Jakob Warmenbol sostengono la sonorità possente del baritono di Victor Perdieus, all'occorrenza anche tastierista, armonicista e flautista. A Bolzano il trio era affiancato da

Fulco Ottervanger
pianob.1984
Rock radicale ed estremo, d'indubbia efficacia, potrebbe essere definito il linguaggio del trio Kry, formatosi a Vienna nel 2019, ascoltato sempre al Ca' de Bezzi. Le ben scandite partiture son state tradotte con comunione d'intenti, con foga e deformazioni sonore dai tre congeniali comprimari: la clarinettista irlandese Mona Riahi, dalla pronuncia fortemente distorta elettronicamente, e i suoi partner austriaci, il volitivo bassista elettrico Philipp Krienberger e il perentorio batterista Alexander Yannilos.
Lo scatenato trio francese Nout, tutto al femminile, nel concerto serale al SJF Base Camp si è avvalso dell'inserimento dell'ospite

Mats Gustafsson
woodwindsb.1964
Sempre il main stage bolzanino ha ospitato il Gard Nielssen Acoustic Unity, d'impronta canonicamente free. Il collaudato trio scandinavo ha affrontato temi dal marcato impianto melodico, con un occhio al folklore nordico; il contrabbassista

Petter Eldh
bassb.1983

Kjetil Møster
saxophone, tenorA Fié allo Sciliar, in un accogliente maso ristrutturato, Dan Kinzelmann, un americano ormai diventato italiano d'adozione, dopo tre giorni di prove ha intrecciato un inedito duo con

Ruth Goller
bassNell'ultima serata della mia permanenza a Bolzano si sono susseguite le proposte di due trii, fortemente caratterizzate e analoghe, anche se solo sotto il profilo timbrico. Formatosi nel 2021 a Trondheim, il giovane trio

LAV SOL
band / ensemble / orchestraDi seguito è salito sul palco il ben rodato trio berlinese " data-original-title="" title="">BOBBY Rausch. In questo caso ci si è trovati di fronte a un tragitto del tutto predisposto nei temi, come nell'aspetto melodico e ritmico. Quest'ultimo era scandito dal granitico e metronomico drumming di " data-original-title="" title="">Nico Stallmann, seduto al centro della scena, mentre ai suoi lati il sax baritono di Oleg Hollmann e il clarinetto basso di " data-original-title="" title="">Lutz Streun hanno esposto all'unisono temi ben congegnati e avvolgenti, per poi scambiarsi i ruoli di solista e accompagnatore. Anche in questa proposta la valenza determinante è risultata la sonorità dei due fiati, che era filtrata, raddoppiata, riverberata e stratificata dall'elettronica, oltre che molto amplificata.
Dai vari gruppi ascoltati, indubbiamente espressione di tendenze in atto nel panorama europeo e di attivi centri di produzione e scambio di esperienze, si possono trarre alcune sintetiche conclusioni. ? evidente che le proposte descritte si sono sempre tenute distanti dal linguaggio jazzistico mainstream, come dalle alchimie sonore dell'improvvisazione radicale più rigorosa. Molti dei gruppi, prevalentemente giovani, erano accomunati invece da una componente elettronica prevalente, anzi determinante, e da una decisa derivazione dall'ambito punk-rock e hip hop. In particolare, si è spesso fatto ricorso ad un'alterazione parossistica del sound degli strumenti a fiato, con risultati per lo più convincenti. A tale proposito si potrebbe ricordare un precedente illustre come il varitone della Selmer, sperimentato soprattutto negli anni Settanta da molti sassofonisti: basti citare

Lou Donaldson
saxophone1926 - 2024

Michael Brecker
saxophone, tenor1949 - 2007

Lee Konitz
saxophone, alto1927 - 2020
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