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Ellery Eskelin Trio: Willisau - Live
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Ellery Eskelin
saxophone, tenorb.1959
Un esempio significativo si trova nelle sue riflessioni su

Paul Bley
piano1932 - 2016

Sonny Rollins
saxophoneb.1930

Coleman Hawkins
saxophone, tenor1904 - 1969
Il pubblico che ebbe la buona sorte di assistere al concerto dell'agosto 2015 al Jazz Festival di Willisau, ora pubblicato dall'etichetta di Werner Uehlinger, può senza dubbio raccontare di aver partecipato a un'esibizione memorabile. L'ascolto del CD non lascia dubbi: l'alchimia che corre tra il sax tenore di Eskelin, l'organo Hammond B3 di

Gary Versace
piano
Gerry Hemingway
drumsb.1955
La formazione già si era modellata nel Trio New York, dove accanto a Eskelin e Versace figurava la batteria di

Gerald Cleaver
drumsb.1963

Andrea Parkins
accordion
Jim Black
drumsLa pregnante e astratta introduzione si va coagulando attraverso gradi sempre di maggiore intensità, in cui i tre strumenti trovano prodigiosa corrispondenza, fino a sfociare in un vortice dove la scansione magistrale di Hemingway mescola timbri e accenti nella creazione di organismi pulsanti. Nei primi ventisette minuti di musica la narrazione si va progressivamente scremando, alla ricerca di un'essenzialità che fa salire il pathos e porta il sax tenore a cercare frasi sempre più melodiche, a ricordare la lezione di Rollins e, a ritroso, di

Lester Young
saxophone1909 - 1959

Ben Webster
saxophone, tenor1909 - 1973
Il lungo episodio iniziale trascorre dentro un tipico mood di organo-trio e scaturisce poi nella scheletrica costruzione di un solo di batteria che trascina il tenore in territori astratti, metafisici. Come da questo si arrivi alla composta intensità di "My Melancoly Baby," e poi ancora si approdi a "Blue and Sentimental" ed "East of the Sun" è cosa tutta da assaporare, nelle finezze di Eskelin e Versace, sotto le quali ribolle la locomotiva di un

Count Basie
piano1904 - 1984
Basterebbero questi cinquantun minuti per rendere memorabile il concerto e il CD. Ma a questo si aggiungono ancora un paio di cosette preziose: una versione di "We See" degna di comparire accanto alle più belle letture della musica di Monk e la densa interpretazione della ballad "I Don't Stand a Ghost of a Chance with You," che sottolinea ancora l'essenziale, non passivo legame di Eskelin con la tradizione.
Chapeau! ">
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