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Südtirol Jazz Festival Alto Adige 2016

Bolzano e provincia
24.06-03.07.2016
Come nelle passate due edizioni, dedicate alla scena francese e a quella britannica, anche quest'anno il Südtirol Jazz Festival Alto Adige si è confermato una delle mete da frequentare con curiosità per ascoltare nomi nuovi ed emergenti. Per quanto riguarda l'affollato palinsesto delle location e dei gruppi si rimanda al sito del festival; la recensione che segue riporta solo pochi, significativi flash, che testimoniano innanzi tutto la coraggiosa e propositiva ars combinatoria messa in campo dal direttore artistico Klaus Widmann. Il confronto fra le esperienze più giovani e attuali del jazz austriaco e di quello italiano era il tema di fondo di questa trentaquattresima edizione. Ovunque si sono susseguiti progetti inediti, che hanno visto l'incontro fra gruppi e strumentisti diversi, motivati comunque dalla voglia di mettersi in gioco e sperimentare soluzioni diversificate. Molti sono stati i musicisti "residenti," che in giorni diversi hanno avuto modo di esibirsi in vari contesti. Ne è scaturita una miriade di proposte comunque insolite e interessanti, a volte sorprendenti, non sempre imperdibili.
L'appuntamento più emblematico sotto il profilo dell'interscambio di esperienze si è svolto la sera del 29 giugno nell'architettura industriale disadorna e nell'acustica riverberante di un padiglione della Fiera di Bolzano, dove si sono susseguite varie formazioni inedite. Il quartetto che ha visto assieme
Joe Rehmer
bass, acousticIl duo fra

Elias Stemeseder
synthesizerb.1990

Peter Evans
trumpetUn'improvvisazione a tinte forti è venuta anche dal trio formato dal nostro

Francesco Diodati
guitar
Max Andrzejewski
drumsb.1986

Matthias Schriefl
trumpetInfine il sax tenore di

Dan Kinzelman
saxophone, tenorMario Rom
trumpet
Tobias Hoffmann
guitar, electricb.1982
Un'altra importante serie di concerti si è svolta nelle sale del Museion, dove si sono ritrovati assieme Diodati, Kinzelman e Stemeseder, dimostrando un'indubbia coesione. Brani di vari autori, dai Nirvana a propri original, sono stati concatenati in due lunghe suite. La prima, partita da un lento fluire fra situazioni sospese e pensose, ha in seguito sostato insistentemente su frasi ripetute ad alto volume per poi spegnersi in un intimo ripiegamento. Non molto diversa l'impostazione della seconda sequenza, le cui articolazioni più puntillistiche hanno permesso ai tre improvvisatori di emergere a turno in veri e propri assoli.
Sempre al Museion una sorta di staffetta si è susseguita fra il trio Hobby Horse di Kinzelman e il trio austriaco Edi Nulz, in quanto a metà e fine concerto le due formazioni si sono compattate nell'esecuzione di alcuni propri brani: il loro palpabile entusiasmo ha sortito efficaci risultati, con episodi di accesa improvvisazione collettiva.
Nelle singole esibizioni la musica degli Hobby Horse (Joe Rehmer e
Stefano Tamborrino
drumsAl quarto piano della medesima istituzione, tempio dell'arte contemporanea, fra le opere del giovane artista tailandese Korakrit Arunanondchai, si è invece assistito all'attesa solo performance che Peter Evans ha intessuto in una certa sintonia con il messaggio post-apocalittico delle installazioni artistiche. Senza amplificazione ed ausili elettronici, utilizzando o meno la respirazione circolare, il trombettista ha stupito per la radicalità dell'approccio, ma la sua parabola narrativa non ha emozionato. Come una superficie di travertino poroso, antigelivo e screziato, che si estende uniforme in più direzioni, così il materiale sonoro di Evans possiede una sorprendente gamma di toni, inflessioni e combinazioni nell'addensato e ipnotico andamento complessivo che ne risulta.
Un altro dei protagonisti ricorrenti era il ventiseienne Elias Stemeseder, pianista salisburghese ma residente a Berlino, membro da oltre cinque anni del trio di

Jim Black
drums
Jerome Kern
arranger1895 - 1945
Se, come già visto, si è assistito a inediti sodalizi d'improvvisazione e a esibizioni solitarie, al festival non sono mancati anche gruppi ormai rodati dall'esperienza. Tra questi è il trio austriaco Random Control, ascoltato al Parkhotel Laurin, formato da tre polistrumentisti:

David Helbock
pianob.1984
Johannes Bär
tuba
Thelonious Monk
piano1917 - 1982

Hermeto Pascoal
multi-instrumentalist1936 - 2025
Consolidata anche la formazione The Assassins guidata da Francesco Cusa. Le sue composizioni, i cui titoli partono da riferimenti arguti, presentano linee melodico-ritmiche arcigne su andamenti spezzati, a volte parafrasi di standard. I due giovani fiati conferiscono freschezza all'interpretazione, sovrapponendosi in unisoni compatti o alternandosi in interventi coriacei: alla tromba visionaria e deformata dall'elettronica dell'udinese Flavio Zanuttini si contrappone il tenore del senese Giovanni Benvenuti, dal fraseggio staccato e selettivo. Un sottofondo unificante, anche se corrugato, viene tramato dai pedali e dalle scie screziate dell'organo del modenese Giulio Stermieri, oltre che dal drumming puntuto del leader. Al Parco Semirurali ne è risultata una performance originale e ben orientata; tuttavia talvolta si è avuta l'impressione che le geometrie compositive ingabbino la coesione dell'interplay, inibendo più proficue possibilità improvvisative.
Per finire, veniamo al vertice di questa edizione del festival: l'apparizione d'ineguagliabile densità e generosità del quartetto Mosche elettriche di

Giovanni Falzone
trumpet
Ennio Morricone
composer / conductor1928 - 2020

Danilo Gallo
bass, acousticb.1972
Foto
Per gentile concessione del Südtirol Jazz Festival Alto Adige.
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