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Bologna Jazz Festival 2023

Courtesy Francesca Sara Cauli
Ron Carter
bassb.1937

Bill Frisell
guitar, electricb.1951

Steve Coleman
saxophone, altob.1956

The Bad Plus
band / ensemble / orchestrab.2000

Bill Carrothers
pianob.1964

Hiromi
pianob.1979

Samara Joy
vocals
Joey Calderazzo
pianob.1965

Greg Osby
saxophoneb.1960

David Kikoski
pianob.1961

Mark Guiliana
drums
James Brandon Lewis
saxophone, tenorb.1983

Sullivan Fortner
pianob.1986

Kassa Overall
programming
MonoNeon
bass
Chris Potter
saxophone, tenorb.1971

John Scofield
guitarb.1951

Eric Alexander
saxophone, tenorb.1968

Vincent Herring
saxophone, altob.1964

Florian Arbenz
drums
Arno Krijger
organ, Hammond B3
Fabrizio Bosso
trumpet
Michele Bonifati
guitar, electric
Vanessa Tagliabue Yorke
vocalsMichele Vignali
saxophone, tenorVa detto che in questo festival smisurato, che è durato quasi un mese e che territorialmente si è esteso dalla provincia di Bologna per toccare Modena, Ferrara e Forlì, ognuno dei nomi sopra citati è stato ospitato nella location più idonea, dai prestigiosi teatri alle istituzioni culturali, ai jazz club, ai centri sociali, riconoscendo implicitamente che ogni circuito debba godere di una certa autonomia organizzativa, rivolgendosi ad un proprio pubblico specifico.
Iniziamo questo selettivo resoconto dalla programmazione nei teatri bolognesi, dando la dovuta precedenza all'apparizione del leggendario Ron Carter, che all'Auditorium Manzoni ha guidato un quartetto molto compatto. Sembra che dall'autorevolezza della sua leadership i partner abbiano assorbito uno swing rilassato ma sempre dinamico, un eloquio elegante senza escludere qualche forbita deviazione obliqua, una propensione per un interplay coeso e compassato, sapendo coniugare tutto ciò in termini personali. All'incedere classico e sorvegliato del pianismo di

Renee Rosnes
pianob.1962

Jimmy Greene
saxophone
Richard Davis
bass, acoustic1930 - 2023
Non ha tradito le attese il quartetto di James Brandon Lewis, che all'attivissima Fondazione Mast ha affrontato una performance imperdibile. Sono prevalsi i brani su tempi sostenuti in cui gli sviluppi improvvisativi del leader, debitori verso le innovazioni di alcuni maestri del sax tenore di oltre cinquant'anni fa, hanno esposto una solida concatenazione e un sound potente, lirico, screziato. I poderosi

Brad Jones
bass
Chad Taylor
drumsb.1973

Aruán Ortiz
pianob.1973
Nell'ultima settimana del festival si sono succeduti due maestri assoluti emersi alla ribalta negli anni Ottanta, che sono riusciti ad elaborare un linguaggio personalissimo diventando dei classici del jazz attuale: Bill Frisell e Steve Coleman. Al Teatro Duse si è assistito al confronto diretto fra il trio del modello Frisell e la rilettura di suoi brani che da anni hanno messo a punto gli

Unscientific Italians
band / ensemble / orchestra
Alfonso Santimone
piano
Francesco Bigoni
saxophone, tenorb.1982
Ognuno degli undici componenti ha impreziosito il tessuto dell'insieme orchestrale con interventi molto riusciti; indispensabile citarli tutti: oltre a Santimone direttore e all'occorrenza anche al pianoforte,

Mirco Rubegni
trumpet
Fulvio Sigurta
trumpet
Federico Pierantoni
trombone
Filippo Vignato
trombone
Piero Bittolo Bon
saxophone, alto
Cristiano Arcelli
saxophone, alto
Rossano Emili
saxophone, baritone
Danilo Gallo
bass, acousticb.1972

Zeno De Rossi
drumsb.1970
Dal trio del chitarrista si è avuta poi una conferma del suo linguaggio, e non poteva essere altrimenti: motivi di diversa ispirazione, spesso provenienti dalla cultura folk ma non solo, hanno trovato uno svolgimento in cui il lento e limpido pizzicato del leader è approdato ad armonici risonanti, dialogando sempre con il fraseggio di supporto della "spalla" indispensabile del contrabbasso di

Thomas Morgan
bass, acoustic
Rudy Royston
drumsAll'Unipol Auditorium il concerto di Steve Coleman & Reflex si è aperto nel segno della prudenza, dando quasi l'impressione di tentare combinazioni di vari temi-riff: attacchi meno taglienti di un tempo, una costruzione meno geometrica, ma anche glissando legati ed altri effetti mai sentiti prima. Poi è affiorato un "'Round Midnight" inaspettato e stravolto e da lì la performance ha cominciato a prendere il volo, alternando temi nuovi e vecchi, crescendo e fasi di decantazione a stemperare l'energia, approfondimenti e brevi indizi, immancabili rivisitazioni di temi e intonazioni bebop, certo mai segni di routine. Sorprendono sempre, dopo un fraseggio collettivo forsennato, quelle chiusure nette dei brani all'unisono, senza alcuna sbavatura. Il drumming fervido, imperterrito di

Sean Rickman
drums
Rich Brown
bass, electric
Anthony Tidd
bassSeducente spettacolo hanno garantito Hiromi e la più giovane Samara Joy, entrambe alla testa di ottimi quartetti. Al Teatro Arena del Sole la quarantaquattrenne pianista giapponese ha convinto con le sue continue sorprese, ma soprattutto per essersi dimostrata meno istintiva e frenetica di un tempo, più compassata e attenta alle varietà strutturali, concedendo il giusto rilievo anche ai partner, fra i quali ha svettato il trombettista

Adam O'Farrill
trumpetb.1994
L'istituzione Cubo in Torre Unipol ha programmato il duo

Francesco Bearzatti
saxophone, tenorLa solo performance del trentaseienne

Sullivan Fortner
pianob.1986

Cecile McLorin Salvant
vocalsb.1989

Jelly Roll Morton
piano1890 - 1941

Irving Berlin
composer / conductor1888 - 1989

Antonio Carlos Jobim
piano1927 - 1994

Stevie Wonder
vocalsb.1950

Thelonious Monk
piano1917 - 1982

Billy Strayhorn
piano1915 - 1967

Fats Waller
piano1904 - 1943

Art Tatum
piano1909 - 1956
Molti concerti sono stati ospitati nei jazz club e nei centri sociali replicando alcuni di essi in luoghi e città diverse. Fra i tanti ne ho previlegiati alcuni di cui riferisco, cominciando dall'attesa presenza dei Bad Plus al Torrione di Ferrara. Del trio originario sono rimasti solo il contrabbassista

Reid Anderson
bassb.1970

Dave King
drumsb.1970

Ethan Iverson
pianob.1973

Chris Speed
saxophone
Ben Monder
guitarb.1962
Perché non ascoltare in sporadiche occasioni un tonico straight ahead jazz, canonico ma di qualità autentica, infarcito di entrate imperiose, di stop, di chase, di una sfilata di assoli veementi? Questo è capitato al Camera, jazz club in pieno centro storico di Bologna gestito da

Piero Odorici
saxophone
Mike LeDonne
organ, Hammond B3b.1956

Xaver Hellmeier
drumsFra i numerosi gruppi italiani in calendario al Binario69 hanno spiccato il quartetto Emong di Michele Bonifati e il quintetto Tell No Lies pilotato dal bolognese
Nicola Guazzaloca
piano
Manuel Caliumi
saxophone, alto
Evita Polidoro
drumsDecisamente entusiasmante la performance di Tell No Lies, gruppo con un'identità ben precisa che ha quattro dischi alle spalle. I brani eseguiti hanno dimostrato solidi riferimenti a modelli di un certo passato, in primis all'estetica collettiva e coinvolgente dei sudafricani londinesi degli anni Sessanta-Settanta, ma anche all'Ethio Jazz o a più recenti cadenze genericamente afro. Intelligente il modo con cui il leader Nicola Guazzaloca ha usato i suoi strumentiuna semplice tastiera elettrica collegata con un sintetizzatore digitale a controlli "touch"per ottenere situazioni stralunate e intriganti, timbricamente avvolgenti. Fondamentale l'accoppiata dei due tenori: al fraseggio di
Filippo Orefice
saxophone, tenorEdoardo Marraffa
saxophone, tenor
Luca Bernard
bass, acoustic
Andrea Grillini
drumsSoprattutto, un interplay sinergico ha avviato un'improvvisazione sempre viva, che in un fluire continuo ha tenuto insieme organicamente i temi esposti all'unisono dai fiati, i passaggi di raccordo, i crescendo che hanno raggiunto incandescenti temperie free... Forse può sembrare un paragone azzardato, ma, mutate le formazioni e le condizioni spazio-temporali e socio-culturali, per lo spirito e l'empatia comunicativa molti momenti di questa performance bolognese mi hanno ricordato la fantastica esibizione dei
Brotherhood of Breath
band / ensemble / orchestrab.1969
Fra le tante iniziative collaterali che hanno affiancato i concerti, ne ricordo una di dichiarato impegno socio-politico: la mostra "Donna, vita, libertà," che in uno spazio della biblioteca Salaborsa ha raccolto le illustrazioni di quattro artiste iraniane, non a caso residenti lontano dal proprio paese. Ognuna di loro ha creato manifesti su fondo verde, in cui il riferimento alla musica jazz viene messo graficamente in relazione con le capigliature femminili; ne è risultata una curiosa serie di soluzioni immaginifiche.
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Bill Frisell
Libero Farnè
Italy
Bologna
Ron Carter
Steve Coleman
The Bad Plus
Bill Carrothers
Hiromi
Samara Joy
Joey Calderazzo
Greg Osby
Dave Kikoski
Mark Guiliana
James Brandon Lewis
Sullivan Fortner
Kassa Overall
MonoNeon
Chris Potter
John Scofield
Eric Alexander
Vincent Herring
Alfa Mist
Florian Arbenz
Arno Krijger
Fabrizio Bosso, ma i più o meno giovani esponenti della vitale ricerca attuale: dai {{Tell No Lies
Michele Bonifati
Vanessa Tagliabue Yorke
Michele Vignali
Renee Rosnes
Jimmy Green
Richard Davis
Brad Jones
Chad Taylor
Aruan Ortiz
Alfonso Santimone
Francesco Bigoni
Mirco Rubegni
Fulvio Sigurta
Federico Pierantoni
Filippo Vignato
Piero Bittolo Bon
Cristiano Arcelli
Rossano Emili
Danilo Gallo
Zeno De Rossi
Thomas Morgan
Rudy Royston
Sean Rickman
Rich Brown
Anthony Tidd
Luca Zennaro
Cecile McLorin Salvant
Jelly Roll Morton
Irving Berlin
Antonio Carlos Jobin
Stevie Wonder
Thelonious Monk
Billy Strayhorn
Fats Waller
Art Tatum
Reid Anderson
dave king
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