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Mantova Jazz Festival 2023

Courtesy Nicola Malaguti
Mantova Jazz Festival
Mantova, vari luoghi
13.10-10.11.2023
Giunto alla 43ma edizione, il jazz festival di Mantova continua a dimostrarsi attento agli sviluppi del jazz contemporaneo con programmi autorevolmente attrattivi, che presentano il meglio del panorama internazionale senza dimenticare i talenti locali.
L'idea di fondo che ha guidato l'ultima rassegna era una ricognizione sulle "possibilità di un mainstream progressivo" attraverso quattro concerti che hanno visto di scena il quartetto "New Jawn" di

Christian McBride
bassb.1972

Chris Potter
saxophone, tenorb.1971

James Francies
keyboards
Eric Harland
drumsb.1976

Tigran Hamasyan
pianoMarco Cocconi
bassChristian McBride
Il 13 ottobre Christian McBride ha inaugurato il cartellone con un quartetto ben collaudato, che prende il nome dal primo album di cinque anni fa: assieme al contrabbassista ne fanno parte il giovane trombettista
Josh Evans
trumpet
Marcus Strickland
clarinet, bass
Nasheet Waits
drumsb.1971

Ornette Coleman
saxophone, alto1930 - 2015
L'introduzione free del brano d'apertura ("Head Bedlam") e il marcato vamp ritmico che seguiva non lasciava dubbi sull'estetica di riferimento ed è stata rimarcata dal successivo tema dedicato a

Eric Dolphy
woodwinds1928 - 1964

Booker Little
trumpet1938 - 1961
Marco Cocconi
Il 27 ottobre nella sala del circolo ARCI Tom, era di scena il bassistaMarco Cocconi
bass
Manuel Caliumi
saxophone, alto
Riccardo Barba
pianob.1991
Federico Negri
drumsFiglio di " data-original-title="" title="">Mauro Negri, uno dei massimi sassofonisti/clarinettisti italiani, Federico ha già svolto significative esperienze e mostra ottime doti. Quasi coetaneo, Caliumi ha vinto numerosi concorsi nazionali, studiato negli Stati Uniti e condiviso il palco con

Dave Douglas
trumpetb.1963

Jacky Terrasson
pianob.1966

Riccardo Barba
pianob.1991
Tigran Hamasyan
Pianista tra i più tecnicamente dotati e fantasiosi della sua generazione,
Tigran Hamasyan
piano
Arthur Hnatek
drums? stata un'ora e mezza di "Armenian electro-acoustic rock" come lo definisce Tigran, caratterizzato dall'alternanza di lirici momenti pianistici con marcati episodi ritmico-percussivi, dalla tumultuosa e vibrante forza iterativa. Nell'introduzione del primo brano "Our Film," Hamasyan ha dato immediatamente prova del suo talento di solista introspettivo, in grado di delineare evocative melodie folk, tratte dal patrimonio della sua Armenia. Ma è durato solo qualche minuto e il marcato quadro percussivo di cui sopra ha preso il sopravvento, per il piacere del giovane pubblico in sala.
Lo schema con contrasti netti s'è ripetuto in altri brani, a partire dal successivo "Old Maps" (una sequenza concitata di arpeggi pianistici iterati sostenuti da un martellante vamp di basso) fino ad "Ara Resurrected" (con un lungo e appassionante assolo di batteria), e al suggestivo bis, con una nuova versione di "Our Film." Se nell'album citato questa musica può contare su alcuni ospiti e un variopinto apporto timbrico, la formula in trio tende a rivelarsi stilisticamente uniforme e potrebbe stancare. Bene ha fatto Hamasyan ad alternare i brani più tempestosi con altri lenti e delicati: l'evocativo "At a Post-Historian Seashore" e l'ipnotico "The Dream Voyager" (lento sviluppo di una frase iterata di piano e voce, su una metronomica base percussiva, più un intervento pianistico ricco di mordente). Il trio di Hamasyan è un organico di prim'ordine, che offre una chiave stilistica nuova sulle ceneri del celebrato

Esbjorn Svensson
piano1964 - 2008
Chris Potter
La rassegna s'è conclusa il 10 novembre all'Auditorium Monteverdi con l'ovvio sold out del trio Circuits di
Chris Potter
saxophone, tenorb.1971
Il risultato è stato un concerto magistrale, tra i più coinvolgenti seguiti dal vostro recensore negli ultimi anni. Anche se è Potter a primeggiare, questo trio ha una chiara identità collettiva: l'interattivo drumming di Harland è una stata fonte costante di suggerimenti e tensioni mentre le fantasiose trame elettroniche di Francies hanno aggiunto cangianti fondali e sottolineature ritmiche.
Grazie al groove dei due partner, il sassofonista ha riannodato le fila con le lunghe composizioni poliritmiche di Underground, il disco realizzato nel 2006 con

Craig Taborn
pianob.1970

Nate Smith
drumsb.1974

Wayne Krantz
guitar, electric
Coleman Hawkins
saxophone, tenor1904 - 1969
Più di

Joe Lovano
drumsb.1952

Mark Turner
saxophone, tenorb.1965
I brani in scaletta hanno spaziato tra quelli contenuti in Circuits e in Sunrise Reprise del 2021, con esecuzioni sempre differenti. Dopo "Circuits" e "The Nerve," la versione di "Nowhere, Now Here" era timbricamente più scarna rispetto al disco ma non meno avvincente: sulla fresca melodia base i tre hanno costruito lunghi e variopinti percorsi con esemplari assoli, anche di Francies e Harland.
Dopo il citato e appassionante "Body and Soul" con Francies al pianoforte, il concerto è proseguito con "Koutomé," altra lunga sequenza musicale venata di colori africani per avviarsi alla conclusione. Dopo i lunghi applausi di richiesta del bis il trio ha scelto d'eseguire "Green Pastures."
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