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MetJazz 2021

Courtesy Marco Benvenuti
Prato
Teatro Metastasio
8.514.6.2021
Sebbene ritardato dalla pandemia, anche quest'anno Metastasio Jazz non solo è andato in scena, ma ha anche presentato un interessantissimo programma, dedicato ad alcune delle migliori proposte del giovane jazz italiano, in parte per ragioni di forza maggioreè tuttora piuttosto complicato programmare le trasferte di artisti stranierima in parte anche perché, come dimostrato da chi si è avvicendato sulla scena, la musica dei nostri giovani artisti merita ribalte che spesso, purtroppo, fatica ad avere.
Il festival si è di fatto aperto sabato 8 maggio con una serata di presentazione di un disco realizzato in proprio: Live at MetJazz 2020, del compianto

Alessandro Giachero
piano1971 - 2020
Il primo degli appuntamenti ufficiali, tenutisi tutti al Teatro Metastasio di lunedì, è stato il 10 maggio e ha visto di scena il trio di

Matteo Bortone
bass, acoustic
Filippo Vignato
tromboneTrentenne pianista mantovano di formazione classica, Goretti ha valorizzato in ambito improvvisativo i propri interessi nel campo della contemporanea, dando vita a un recital sofisticato e originale, molto moderno, senza perdersi in eccessi virtuosistici o in passaggi di difficile fruibilità. A brani narrativi e lirici si sono alternati momenti più astratti e ricercati, a realizzare un concerto disteso e sognante, nel quale abbandonarsi all'ascolto. Artista ancora poco noto, Goretti merita un'attenzione che può iniziare dal suo recente album A Light in the Darkness, edito da Dodicilune.
Vignato è uno dei nostri giovani musicisti più affermati, presente in molte delle produzioni nazionali di spicco. Con il suo trio "europeo" ha pubblicato per Auand nel 2016 il CD Plastic Breath e lo scorso anno l'LP Heidelberg -Live at Enjoy Jazz, ma nel concerto, accanto al batterista ungherese

Attila Gyarfas
drumsb.1990
Yannick Lestra
keyboardsEnzo Carniel
pianoLa successiva serata, il 7 giugno, si è aperta con la singolare formazione della clarinettista Zoe Pia. Originaria della provincia di Oristano e di formazione classica, l'artista si è messa in luce grazie al CD Shardana, edito cinque anni orsono da Caligola, proposta molto interessante che è stata interamente ripresa nel concerto. Si tratta in buona sostanza di una reinterpretazione della musica popolare sarda, operata però con stilemi più contemporanei che non jazzistici. Gli spunti sono talvolta temi, talatra brevi registrazioni, strumentali o vocali, che vengono condotti spesso molto lontano, sempre però con un rigore e una coerenza encomiabili. La clarinettista, oltre al suo strumento principale, fa uso anche dell'elettronica e delle launeddas, che tuttavia utilizza con finalità soprattutto timbriche, perciò non suonandole secondo lo stile tradizionale. Accanto a lei la tuba di Glauco Benedetti crea un suggestivo contrasto eassieme alla batteria di Sebastian Mannutzasostiene la ritmicità che deriva dagli spunti tradizionali, mentre l'eccellente Roberto De Nittis, alternandosi al piano e alle tastiere elettroniche, raccorda la tessitura spingendosi anch'egli in ambiti contemporanei. L'aspetto particolarmente interessante di quest'incontro tra tradizione e "musica colta" è dato dal fatto che nessuna delle due prevarica l'altra, ma entrambe si donano reciprocamente alcuni elementiil ritmo la tradizionale, la ricercata varietà stilematica la contemporanea così da congiungersi in una proposta realmente originale. Da sottolineare la verve della Pia, che ha spesso suonato ballando, cosa spiccata in particolare nel brano finale, una rilettura, appunto, del famoso ballo sardo.
La seconda proposta della serata era il quartetto del trentunenne tenorsassofonista senese Giovanni Benvenuti, una formazione composta da musicisti piuttosto giovani e ancora non molto noti, ma che si sono rivelati tutti eccellenti. La proposta musicale seguiva il programma del recentissimo CD Paolina and the Android, del quale il sassofonista ha raccontato parte della genesi durante il confinamento pandemico, e aveva una struttura abbastanza tradizionale: canzoni, basate su spunti tematici narrativi, caratterizzati perlopiù da crescendo dinamici in tempi e volumi, o da intermezzi ipnotici condotti dall'uno o dall'altro strumento, che aprivano su assoli di potente intensità. Ed è proprio qui che è emersa la qualità di tutti i musicisti: il pianista Giacomo Dal Pra, il contrabbassita " data-original-title="" title="">Francesco Pierotti e il batterista Dario Rossi hanno non solo tessuto perfettamente una trama la cui intensità rendeva tutt'altro che facile da gestire, ma sono intervenuti in assolo sempre con grande personalità, con ciò riuscendo a non apparire meri sideman a supporto del leader. Cosa non facile, va detto, perché Benvenutigià noto come membro di The Assassins di
Francesco Cusa
drumsLa serata conclusiva, tenutasi il 14 giugno, si è aperta con la proposta più singolare del festival: Lapsus Lumine, progetto di contemporanea realizzato dal contrabbassista

Stefano Risso
bass, acousticVincenzo Vasi
multi-instrumentalist
Ernst Reijseger
cellob.1954

Jim Black
drumsIl secondo set prevedeva il MAT trio, cioè
Marcello Allulli
saxophone, tenor
Francesco Diodati
guitarErmanno Baron
drumsEmblematica la conclusione della serata e del festival tutto: il MAT è stato raggiunto sul palco dalla precedente formazione, apparentemente così diversa per tipo di musica proposta, e i musicisti hanno suonato assieme due brani, offrendo una dimostrazione pratica di come, nell'improvvisazione, la diversità possa integrarsi per dar vita a cose nuove e inclusive. Un messaggio importante, non solo per il jazz e per la musica, ma per la società tutta, particolarmente significativo in un momento di rinascita qual è quello che stiamo vivendo e perché ci giunge da artisti che rappresentano il futuro dell'arte, della cultura e della società civile.
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Giacomo Dal Pra
Francesco Pierotti
Dario Rossi
Francesco Cusa
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Erika Sofia Sollo
Vincenzo Vasi
Ernst Reijseger
Jim Black
Marcello Allulli
Francesco Diodati
Ermanno Baron
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