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Torino Jazz Festival 2025

Courtesy Colibrì Vision
Torino, varie sedi
2330 aprile 2025
"71 concerti, 8 produzioni originali, 289 musicisti, 58 sedi," così sul retro del programma cartaceo viene sintetizzata e pubblicizzata la tredicesima edizione del Torino Jazz Festival, diretta da Stefano Zenni. Non solo concerti, ma anche conferenze e film sono stati distribuiti in tutta la città, costringendo a volte a rinunce per il sovrapporsi degli orari e spesso a spostamenti faticosi, soprattutto per gli ospiti affluiti da lontano. Come in altre edizioni il festival ha incluso la Festa della Liberazione, assumendo un particolare significato quest'anno per aver celebrato gli ottant'anni della ricorrenza. Dell'ampia gamma delle proposte musicali, italiane e internazionali, si è avuta la prova nei tre giorni, dal 25 al 27 aprile, in cui ho potuto partecipare al festival. Una particolare attenzione è stata posta alle solo performance pianistiche; d'altra parte, se si scorrono i programmi di altri festival primaverili si scopre che si tratta una scelta piuttosto ricorrente. A Torino, due esibizioni di piano solo si sono svolte all'Auditorium del Conservatorio Giuseppe Verdi in concerti pomeridiani.

Vijay Iyer
pianob.1971
Nel concerto di

Amaro Freitas
pianoSe le apparizioni di Iyer e Freitas hanno rappresentato la conferma del loro mondo pianistico, di grande personalità anche se passibile di una più concreta sintesi, la sorpresa più esaltante è venuta dalla giovane franco-filippina

Margaux Oswald
pianob.1991
Di estremo interesse anche la proposta di Korale, un quartetto italo-coreano nato nel 2024 grazie a una residenza al festival di Follonica, dove i giovani componenti, che risiedano in angoli lontani del mondo, si sono trovati a collaborare. Dall'introduzione puntillistica alle successive atmosfere più collettive e rigogliose, quello che è emerso in questo progetto transculturale sono stati soprattutto gli impianti compositivi, a firma dell'uno o dell'altro ma sempre presenti e caratterizzanti, e la sensibilità, un po' straniante per le nostre orecchie, d'impronta orientale, conferita dall'ottimo pianista
Youngwoo Lee
piano
DoYeon Kim
zither / gayageumFondamentale nel contempo la componente italiana, responsabile della struttura e della concretezza di questa musica immaginifica: il pizzicato spaziato, selettivo e ben scandito del contrabbasso di

Michelangelo Scandroglio
bass, acoustic
Francesca Remigi
drumsNei tre giorni di cui riferisco è stata nutrita e qualificata la partecipazione di gruppi italiani. Il trio Anokhi, pilotato da una decina d'anni da

Cristiano Calcagnile
drums
Giorgio Pacorig
piano

Francesco Bigoni
saxophone, tenorb.1982
Con il settetto Nexus, diretto da

Daniele Cavallanti
saxophone
Tiziano Tononi
drumsb.1956

Eric Dolphy
woodwinds1928 - 1964

Roberto Ottaviano
saxophone, sopranob.1957

Emanuele Parrini
violinLuca Gusella
vibraphone
Andrea Grossi
bass, acousticRispetto alla prova del Nexus, "Blues and Bach," omaggio tributato alla musica di

John Lewis
piano1920 - 2001

Enrico Pieranunzi
pianob.1949

Luca Bulgarelli
bass
Mauro Beggio
drumsPer finire, riferisco della produzione originale del festival "Blowin' in the Wind," che nel periferico Cinema Monterosa, a Nord del centro storico, ha visto l'ottetto di

Furio Di Castri
bass, acousticb.1955

Giovanni Falzone
trumpet
Federico Pierantoni
trombone
Nguyen Le
guitar, electricb.1959
Andrea Dulbecco
vibraphoneFabio Giachino
pianoMattia Barbieri
drums
Zlatko Kau?i?
drumsGli impianti melodici dei temi si sono rivelati non eccessivamente descrittivi o mimetici nei confronti delle culture prese a riferimento; quanto agli arrangiamenti hanno dato corpo a una musica collettiva, basata sul fermento delle idee, ma anche sulla misura della consapevolezza, su graduali crescendo e sugli incastri fra gli interventi dei singoli. Ognuno, nessuno escluso, ha contribuito con assoli raramente stentorei, quanto piuttosto somministrando colori, atmosfere, allusioni e citazioni, che hanno caratterizzato i vari brani. Tutti i musicisti sarebbero quindi meritevoli di specifiche menzioni, ma, oltre alla sicura funzione registica del leader, mi limito a segnalare soltanto i pervadenti e aerei flussi del vibrafono di Dulbecco, i risonanti spunti della chitarra di Le, la pronuncia mutevole e ben tornita del clarinetto di Negri.
Tante e di ottimo livello le iniziative collaterali ai concerti; fra le conferenze posso ricordare solo la foga passionale con cui Luca Bragalini ha disteso un complesso affresco nel raccontare "La favolosa storia di Pannonica, la mecenate del jazz." Al Cinema Massimo invece sono stati proiettati film di grande interesse. Personalmente ho potuto assistere soltanto a "Just Play and Never Stop. Un viaggio spericolato nel jazz," in cui il regista Jonny Costantino ha selezionato e montato con un taglio del tutto personale immagini tratte dalle ultime due edizioni del Torino Jazz Festival: primi piani dei volti, stralci di interviste, sequenze musicali e poche scritte significative hanno riepilogato alcuni temi fondamentali del fare jazz.
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