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Umbria Jazz 2024

Umbria Jazz 2024
Perugia
1221 luglio 2024
Partecipare a Umbria Jazz significa per me affrontare un'esperienza non solo frastornante, per la molteplicità di stimoli che si ricevono nei diversi luoghi della città e in ogni ora del giorno, ma anche anomala, per certi versi schizofrenica. Da un lato ci sono i concerti che si tengono alla Sala Podiani della Galleria Nazionale dell'Umbria e al Teatro Morlacchi, con proposte jazz di varia natura, dal mainstream ai beniamini di casa nostra; concerti da cui non mi aspetto grandi novità, ma piuttosto conferme sulla classe, sulla forza della tradizione, sulla poesia di espressioni già note, eventualmente affiancate da altre meno conosciute ma più attuali. Al contrario i concerti nella capiente Arena Santa Giuliana, dove approdano per lo più le star del rock, del pop, della musica brasiliana, con nomi internazionali di grosso richiamo ma a me spesso sconosciuti, sono fonte di sorprese, scoperte, emozioni inedite. Nell'edizione 2023 fu il caso della voce incredibile di

Rhiannon Giddens
vocals
Joe Bonamassa
guitar
Fatoumata Diawara
vocalsb.1982
Nel pomeriggio del 1° maggio 1968, al Palasport di Bologna, ero presente al concerto della

Jimi Hendrix
guitar, electric1942 - 1970
Non fa eccezione il mondo espressivo e comunicativo di Kravitz, in cui ha la sua funzione anche la chioma immaginifica agitata dalla tonitruante batterista

Cindy Blackman Santana
drumsb.1959
Noel Redding
bassRiguardo ai contenuti prettamente musicali, va detto che la voce non particolarmente potente e personale del sessantenne cantante e polistrumentista newyorkese ovviamente non può competere con quella ruvida, bluesy, drammatica di Hendrix; a differenza del suo chitarrismo invece, che racchiude un compendio efficace dei modelli più importanti degli ultimi decenni. Ma, soprattutto, è la conduzione dello spettacolo e del repertorio che ha convinto appieno, raggiungendo progressioni imponenti e dando l'occasione a molti partner, oltre ai già citati Blackman e Ross, di emergere in evidenza; ad esempio quando il leader ha accennato alla cantilena di "A Love Supreme," dal nulla è apparso un sassofonista tenore con un intervento stentoreo. Impossibile citarne i nomi, perché purtroppo il catalogo non riportava al completo i componenti della nutrita formazione.
Quattro sere dopo, a Kravitz hanno fatto riscontro i Toto, un'altra super-band di "vecchioni" con pochi innesti più giovani. La loro musica potrebbe essere definita pop, per via della qualità melodica dei temi, dell'ampio uso delle voci da parte di tutti i membri, trascinate dal lead singer " data-original-title="" title="">Joseph Williamson e talvolta delle risonanze evocative delle tastiere. Ma ben presto essa volge verso ineludibili intensità di matrice rock, con il prevalere di collettivi strumentali e vocali di grande impatto, dagli impasti densi e compatti, mettendo in evidenza a turno i vari protagonisti: in primis la chitarra allucinata di

Steve Lukather
guitarb.1957
Merita attenzione anche la serata tutta africana, conclusa con il recente progetto "London Ko" di Fatoumata Diawara, in cui l'allestimento scenico e musicale ha preso colori, ritmi, rappresentazioni visive tali da cantare un omaggio ad un'Africa futuribile, auspicando un ipotetico ponte fra cultura africana ed europea. La stessa presenza scenica della cantante-chitarristal'elaboratissima acconciatura, il trucco pesante ma curatissimo, i monili etnici, il colorato costumeha assunto il significato simbolico di un orgoglioso riscatto sociale. Di analogo tenore erano i video creati appositamente, immaginifici e suggestivi, proiettati su un enorme schermo alle spalle della formazione. Le strutture semplici delle canzoni presentate sono state scandite con una voce dalla concretezza decisa e impegnata, terminando tutte immancabilmente con chiusure secche. Un gruppo coeso, in cui prevalevano le sonorità di chitarre, tastiere e batteria, ha sostenuto la leader con efficienza ritmica, avviandosi ad un frastornante e frenetico crescendo finale.
La serata era stata aperta da

Somi
vocals
Miriam Makeba
vocals1932 - 2008
D'altra parte gli appuntamenti all'Arena hanno puntato su una sorta di tenzone a distanza fra voci femminili molto diverse fra loro. La ventiseienne "politicizzata" e logorroica " data-original-title="" title="">Raye, fenomeno recente della scena inglese, ha calamitato circa 3500 spettatori, in gran parte ragazzine teenager, alcune accompagnate dalle loro ancor giovani mamme. Dotata di una voce pastosa, che si estende su un ampio registro medio-alto, e assecondata da arrangiamenti pop-jazz eseguiti da una band "ingessata" in smoking bianchi di gusto retrò, la cantante e autrice non è sembrata però in possesso di una personalità particolarmente originale.
Di contro la voce brunita e vibrante, l'eloquio compassato, a tratti dolente, della chicagoana

Lizz Wright
vocalsb.1980

Veronica Swift
vocalsUn eccitante impatto spettacolare è stato inoltre garantito dalla serata dedicata alla musica cubana. Le due formazioni pilotate da due pianisti di primaria importanza, la

Chucho Valdes
pianob.1941

Roberto Fonseca
pianob.1975

Horacio "El Negro" Hernandez
drumsb.1963
Ma all'Arena Santa Giuliana non è mancato il jazz di qualità, concentrato soprattutto in una grande serata di puro jazz statunitense, in cui si sono succeduti due nuovi super-gruppi. Nel primo set, il quartetto formato da

Chris Potter
saxophone, tenorb.1971

Brad Mehldau
pianob.1970

John Patitucci
bassb.1959

Johnathan Blake
drumsTutto sommato si è rivelato più convincente, anzi entusiasmante, il secondo set della serata col progetto Gil Evans Remembered in cui l'ottantunenne

Pete Levin
keyboardsb.1942

George Adams
saxophone, tenorb.1940

Lew Soloff
trumpet1944 - 2015

David Sanborn
saxophone1945 - 2024
L'operazione non è risultata un nostalgico omaggio, non una rigida e ossequiosa rilettura di un classico del jazz, in quanto, in pieno spirito evansiano, è prevalsa un'improvvisazione collettiva e individuale aperta e vibrante, che è riuscita a rivitalizzare il repertorio e gli arrangiamenti originali, facendoli apparire del tutto attuali; una verve autentica e un interplay mobilissimo hanno compattato le voci inconfondibili degli interpreti. Sotto la pulsazione morbida e insinuante del basso elettrico di

Mark Egan
bassb.1951

Danny Gottlieb
drumsb.1953

Chris Hunter
fluteb.1957

Alex Foster
saxophoneb.1953

Alex Sipiagin
trumpetb.1967

John Clark
french hornb.1944

Dave Stryker
guitarb.1957

Tom Malone
tromboneb.1947

David Taylor
drumsBeth Gottlieb
percussionDopo essermi dilungato, a differenza degli scorsi anni, sui protagonisti principali dell'Arena Santa Giuliana, esibitisi dal 13 al 19 luglio, passo alle molte conferme positive venute dai concerti del Teatro Morlacchi e della Sala Podiani, della quale va segnalata una volta per tutte l'acustica rimbombante inadatta ad accogliere i gruppi. Delle apparizioni in queste due location mi limito a dare dei resoconti telegrafici, delle mini-recensioni "in pillole," sperando comunque di rendere l'essenza delle proposte ascoltate. ? d'obbligo cominciare dal decano

Kenny Barron
pianob.1943
Abbellimenti virtuosistici e un approccio quasi da musica classica hanno caratterizzato il linguaggio del pianista venezuelano

Luis Perdomo
pianob.1971

Miguel Zenon
saxophone, altob.1976

Vincent Peirani
accordionb.1980

Emile Parisien
saxophone, sopranob.1982
La solo performance dell'ottantatreenne

Franco D'Andrea
pianob.1941

Danilo Rea
piano
Rita Marcotulli
piano
Giovanni Guidi
piano
Marco Mezquida
pianob.1987
Singolare e coraggiosa la rilettura del mondo di

Louis Armstrong
trumpet and vocals1901 - 1971

Mirco Rubegni
trumpetFederico Scettri
drumsSimone Padovani
percussionDopo sette anni di sodalizio è apparso sempre creativo e motivato il duo
Pasquale Mirra
vibraphone
Gianluca Petrella
tromboneb.1975
Tutto è funzionato a meraviglia anche nel trio del pianista emergente

Christian Sands
pianob.1989
Un messaggio opposto è venuto invece dal quartetto italo-francese Weave4 (

Francesco Diodati
guitar
Francesco Bigoni
saxophone, tenorb.1982

Benoit Delbecq
piano
Steve Arguelles
drumsb.1963
Fra gli appuntamenti del Teatro Morlacchi è il caso di soffermarsi sul concerto di

Enrico Rava
trumpetb.1939
Matteo Paggi
tromboneFrancesco Ponticelli
bass, acoustic
Evita Polidoro
drumsSoprattutto, sorprendente è stata la forma dimostrata dal leader, che ha previlegiato la tromba al flicorno con tecnica ammirevole, compenetrando il suo fraseggio crepitante soprattutto con la voce complementare e suadente di Paggi, ma anche a turno con tutti gli altri. Un concerto memorabile, decisamente più coeso e creativo rispetto a quello ascoltato sette mesi fa ad Orvieto, in cui il compositore e leader (ottantacinque anni il prossimo 20 agosto) ha gestito i più giovani partner con mano leggera, quasi con disimpegno, fidandosi dell'affiatamento palpabile che ormai li lega e lasciando loro un'ampia iniziativa nel collegare le varie situazioni di volta in volta affrontate.
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Danilo Rea
Rita Marcotulli
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Federico Scettri
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