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Umbria Jazz Winter 2014

Orvieto -27.12.2014-01.01.2015
"Fabrizio Bosso, Danilo Rea, Paolo Fresu... Anat Cohen, Chris Potter, Joe Lovano... vi aspettano a Orvieto per Umbria Jazz Winter." Più o meno di questo tenore era lo spot pubblicitario trasmesso per tutto dicembre sulle stazioni radio della RAI, uno dei media partner del festival; i nomi dei protagonisti italiani erano comunque anteposti a quelli degli americani. Questo non solo la dice lunga sul successo raggiunto da certi jazzisti di casa nostra e sul fatto che su di loro si punta per richiamare la curiosità del pubblico trasversale del jazz, ma indirettamente viene anche sottolineato il ruolo che nei decenni Umbria Jazz ha avuto nel consacrare quei rappresentanti della "nuova linea italiana nel jazz."
Partiamo dunque da loro per dare un sintetico resoconto di cosa è capitato in quella settimana orvietana a cavallo di Capodanno, battuta da un vento gelido, cominciando da una serie di duetti tutti ampiamente collaudati.
Nato qualche anno fa per iniziativa dell'Altoadige Jazz Festival (non è questa una delle meritorie funzioni dei festival?), il sodalizio fra

Fabrizio Bosso
trumpet
Luciano Biondini
accordionb.1971
Anche nel duo che Bosso ha intrecciato con il pianista
Julian Oliver Mazzariello
saxophone, tenorL'incontro fra

Giovanni Guidi
piano
Gianluca Petrella
tromboneb.1975
Nell'impressione complessiva che ne è risultata sembrava che le atmosfere seducenti e speziate di Ellington si saldassero in modo naturale con l'avanguardia europea meglio strutturata, quella per esempio di

Albert Mangelsdorff
trombone1928 - 2005

Alexander von Schlippenbach
pianob.1938
Il concerto del duo

Paolo Fresu
trumpetb.1961

Omar Sosa
pianob.1965
Sulle tracce dell'origine del bandoneon (liturgica e tedesca) e dell'evoluzione subìta dallo strumento nel Nuovo Mondo, il duo fra il trombettista sardo e

Daniele di Bonaventura
bandoneonb.1966
Ben più elevate la gradazione jazzistica e la componente improvvisativa, nonostante la trasversalità del repertorio, del terzo duetto affrontato a Orvieto da Fresu: quello non inedito, ma un po' meno battuto, con

Danilo Rea
piano
Il pianista romano era presente anche nell'apparizione dei Doctor 3 al fianco di " data-original-title="" title="">Enzo Pietropaoli e

Fabrizio Sferra
drumsInvariati sono risultati invece l'interplay fra i tre comprimari, sempre empatico, e la predilezione per un repertorio zigzagante fra vari brani più o meno recenti e rappresentativi del pop, senza dimenticare la rivisitazione di qualche standard del jazz.
Un altro tema che ha caratterizzato questa edizione di Umbria Jazz Winter è stato l'omaggio, più che doveroso, partecipato e non di maniera, tributato a due jazzisti recentemente scomparsi.
Profondamente sentito da tutti, musicisti, addetti ai lavori e pubblico, è risultato il ricordo di Renato Sellani. Come in tante passate edizioni, il pianista era previsto in programma a Orvieto anche quest'anno, ma purtroppo se ne è andato prima, in punta di piedi da par suo, la notte fra il 31 ottobre e l'1 novembre. La commemorazione è stata affidata ad un trio formato da tre dei suoi partner e amici più fidati: al piano il suo "figlioccio" Danilo Rea, al contrabbasso
Massimo Moriconi
bassNe è risultato un trio equilibrato, senza un vero leader, in cui ognuno dei tre strumentisti ha dato un contributo fondamentale nell'affrontare un repertorio di sempreverdi del jazz e della canzone italiana, dandone un'interpretazione classicamente jazzistica, carica di vitalità e di swing, lontana da nostalgie e sentimentalismi eccessivi, se non nel delicatissimo incipit di "Resta cu 'mme" proposto fra i bis.
Alla memoria di

Charlie Haden
bass, acoustic1937 - 2014

Dan Kinzelman
saxophone, tenorChris McGregor
b.1936Si è proceduto con grande determinazione fra duetti simbiotici, robusti sprazzi solistici, collettivi compatti e articolati, tese progressioni e momenti di decantazione. Come nelle prove migliori la formazione di Guidi ha confermato di saper cucinare ingredienti antichi e autentici con un'energia, una creatività e una motivazione nuove, ottenendo sapori forti e ben assortiti.
A Orvieto un terzo omaggio è stato tributato da parte del gruppo Quintorigo a

Frank Zappa
guitar, electric1940 - 1993

Roberto Gatto
drumsb.1958
Come le precedenti operazioni incentrate su

Charles Mingus
bass, acoustic1922 - 1979

Jimi Hendrix
guitar, electric1942 - 1970
Le peculiari qualità e la fortuna di pubblico dell'attuale jazz italiano sono emerse in evidenza soprattutto se confrontate con la diversa impostazione culturale, stilistica e comunicativa della maggior parte delle proposte americane invitate a Orvieto: Patrick Williams & The Blues Express, The Storyville Centennial Project di

Evan Christopher
clarinetb.1969

Jon Batiste
pianob.1986

Davell Crawford
piano and vocalsI concerti orvietani hanno esposto proposte diversificate, dalle tinte decise e festose, finalizzate non esclusivamente ad uno spettacolo rituale e al coinvolgimento del pubblico, per altro con immancabili risultati, ma anche ad una manifestazione religiosa e culturale innervata da grande consapevolezza e radicamento nel proprio patrimonio storico.
Una sintesi di questa benefica commistione fra sacro e profano, fra autenticità a volte quasi filologica e creatività eccentrica e stralunata, fra coesione collettiva e protagonismo solistico la si è potuta avere nel concerto, a tratti quasi serioso, del duo pianistico Jonathan BatisteDavel Crawford, che ha riservato notevoli sorprese. A conferma del fatto che per questi giovani esponenti di New Orleans sia inevitabile vivere il presente con un inestirpabile radicamento nel passato, dando corpo a un rigenerato sincretismo culturale, è bastata l'interpretazione bluesy, reiterata e sontuosamente tornita del beatlesiano "Let It Be," eseguito a conclusione del concerto.
Ma, com'era prevedibile, la punta di diamante dal punto di vista jazzistico di Umbria Jazz Winter 22 è risultata la produzione esclusiva che, per celebrare i cinquant'anni dall'uscita di A Love Supreme, gli organizzatori hanno portato sul palco per cinque volte in orari e luoghi diversi (il Teatro Mancinelli e la sala dei Quattrocento a Palazzo del Popolo). Tenendo conto che del capolavoro coltraniano ci fu anche una versione per due tenori (lo stesso Trane affiancato da

Archie Shepp
saxophone, tenorb.1937

Joe Lovano
drumsb.1952

Chris Potter
saxophone, tenorb.1971
Nell'impossibilità di replicare l'inarrivabile misticismo dell'autore, l'incontro si è più opportunamente orientato a dare corpo a una classica e infuocata "tenor battle": rispettando i movimenti della suite e recuperando anche altri brani di Coltrane, si è potuto via via rodare l'affiatamento del gruppo e calibrare il confronto fra i due sassofonisti, dando quindi loro l'opportunità di esprimersi al meglio. Potter si è distinto per l'imprevedibile, infervorata mobilità del fraseggio, inanellando lunghe e movimentate sequenze, ma è parso un po' uniforme e impersonale nella sonorità. Al contrario Lovano ha espresso una maggiore varietà e consistenza del sound, modellandolo sulle evoluzioni del fraseggio e costruendo così un eloquio più coinvolgente e narrativo.
I due tenoristi erano degnamente sostenuti da un trio formato da Lawrence Fields al piano,

Cecil McBee
bassb.1935
Foto di Roberto Cifarelli.
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