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Umbria Jazz Winter 30

Orvieto
Varie sedi
28.12.20231.11.2024
Umbria Jazz Winter, tutto concentrato nel centro storico di Orvieto, è un festival a misura d'uomo. Prestigiose le sue sedi, tutte raggiungibili a piedi in trasferimenti di pochi minuti: il Teatro Mancinelli, prezioso teatro all'italiana della seconda metà dell'Ottocento, il maestoso Palazzo del Popolo, che sotto le sue volte medievali in tufo accoglie il pubblico nella Sala Quattrocento e, al piano terra, nella Sala Expo, dedicata ad appuntamenti più conviviali, il Museo Emilio Greco, che fra le sculture e i disegni del maestro catanese ospita le formazioni più ridotte, il Palazzo dei Sette, dove a ciclo continuo si esibiscono gli esponenti di un jazz diretto e accattivante, adatto al periodo festoso di fine anno... La prerogativa della programmazione dei concerti fa in modo che, salvo rari casi, le formazioni più famose e di maggior richiamo si esibiscano tre-quattro volte in date e sedi diverse, mentre alla Sala Expo e al Palazzo dei Sette le repliche per ogni formazione sono anche otto o nove. Ciò che può sorprendere è che ogni rappresentazione registri (quasi) sempre il tutto esaurito. Questo fa parte della magia del festival orvietano, dell'atmosfera che lo caratterizza e deriva da una serie di fattori: appunto la distribuzione urbana delle accoglienti location, ma anche la confezione del ricco calendario concertistico e il periodo dell'anno in cui si svolge, rivolgendosi a un pubblico di varie provenienze e mosso da vari interessi e gusti musicali...
Due le partecipazioni qualificanti di questa trentesima edizione del festival orvietano: in primo luogo la produzione speciale che ha affiancato

Joe Lovano
drumsb.1952

Michael Gibbs
tromboneb.1937

Steve Wilson
saxophoneb.1961

Peter Washington
bassb.1964

Lewis Nash
drumsb.1958

Cecile McLorin Salvant
vocalsb.1989
Il vasto repertorio sciorinato nel corso delle tre apparizioni della produzione speciale pilotata da Lovano e Gibbs ha compreso hit di Shorter, Monk, Ellington... ma anche "Don't Explain" di

Billie Holiday
vocals1915 - 1959

Carla Bley
piano1938 - 2023
Nell'ultima comparsa del gruppo invece, sempre in questo brano, si è svolto un tortuoso e veloce scambio di battute fra il sassofonista e sua moglie " data-original-title="" title="">Judy Silvano invitata sul palco, che ha intrapreso uno scat funambolico. Quanto al comportamento nel corso di tutto il festival da parte di Lovano, che il 29 dicembre ha celebrato il suo settantunesimo compleanno, sia per la sua leadership sia per le presentazioni verbali, oltre alle memorabili sortite al tenore, si è rivelato equiparabile a quello di un vecchio amico, che ti trascina sottobraccio per raccontarti le sue storie singolari, rendendoti complice.
Quasi tutti i brani proposti dal largo ensemble pilotato da Lovano e Gibbs erano caratterizzati da un'impostazione costante: al coeso trio del sassofonista, supportato dalla rassicurante morbidezza del basso di Washington e dall'infallibile drumming di Nash spesso divenuto quartetto quando si aggiungeva l'insostituibile contralto di Wilson si sono sovrapposte solo a tratti le parti orchestrali, decise e imponenti, di un cangiante spessore armonico, intessute dagli arrangiamenti dell'ottantaseienne maestro inglese. Ne è scaturita nel complesso una proposta tutto sommato anomala in cui la tradizione del combo e quella orchestrale hanno convissuto e si sono rafforzate vicendevolmente, dando vita a un jazz vitale e autentico, senza tempo.
Quattro invece sono stati i concerti in cui si è esibita Cécile McLorin Salvant, protagonista dal grande carisma, sempre più matura e sulla cresta dell'onda. Nel quintetto che la sostiene, formato da musicisti di prim'ordine, svetta

Sullivan Fortner
pianob.1986

Marvin Sewell
guitar
Alexa Tarantino
saxophone, altob.1992

Yasushi Nakamura
bass
Keita Ogawa
percussionGli interventi della cantante sono costantemente alla ricerca di un'interpretazione personale, obliqua ma sempre comunicativa e aderente all'essenza dei testi, potendo avvalersi di una voce che l'asseconda su tutti i registri con una grande varietà di inflessioni, di contrasti dinamici, di ammiccanti e suadenti morbidezze, senza tralasciare i toni aspri della denuncia. La sua teatralità e il suo eloquio danno origine a performance in cui nulla è lasciato al caso, creando una magia che irretisce l'ascoltatore attraverso atmosfere ora estremamente drammatiche, ora scanzonate ora danzanti. A Orvieto si è snodato un repertorio molto variegato, oscillante fra "Lush Life" e "Star Eyes" di Parker,

Kurt Weill
composer / conductor
Sting
bass, electricb.1951
Non mancavano i giovani a UJW 2023, a cominciare dal Kaleidoscope Quartet, una formazione cosmopolita con base a Basilea che nella scorsa estate ha vinto il Conad Jazz Contest. La compongono il venticinquenne pianista italiano

Lorenzo Vitolo
pianoJosef Zeimetz
bassDi poco più anziana è la trentunenne contraltista Alexa Tarantino, già ascoltata nel gruppo di McLorin Salvant, come anche il trio che l'accompagnava. I suoi original, aderenti a una certa tradizione nelle linee melodiche come nelle atmosfere, le danno l'opportunità di articolare una pronuncia emaciata e intimista nelle ballad, brillante e ondivaga nei brani più veloci, avendo sempre il buon gusto di non strafare, di non indulgere ad un virtuosismo sensazionalistico, come oggi si tende a fare. La cosa è ancor più evidente quando Alexa, che nel suo unico concerto ha suonato soltanto il contralto, affronta standard cercando di deviare dalle armonie originarie con un fraseggio distorto. Nell'ottimo trio che l'assecondava, Nakamura e Ogawa hanno confermato tutto il loro talento strumentale, ma soprattutto è risultato chiaro come sia il pianismo di Sullivan Fortner, radicato nella ricca tradizione pre-bop ma visionario e obliquo, mai scontato, ad innescare un drive trascinante nella band.
Il trio di

Alessandro Lanzoni
piano
Francesco Cafiso
saxophoneb.1989

Matteo Bortone
bass, acoustic
Enrico Morello
drumsb.1988
Nell'ultimo dei quattro concerti sostenuti, il quartetto ha ospitato il maestro

Enrico Rava
trumpetb.1939
Il giorno prima Rava era alla testa di The Fearless Five, il suo gruppo attuale rodato negli ultimi sei mesi. A

Francesco Diodati
guitarFrancesco Ponticelli
bass, acoustic
Matteo Paggi
trombone
Evita Polidoro
drumsA Orvieto il trombettista ha trovato una spalla ideale nel trombonista, sia nell'esposizione dei temi sia come contraltare nell'affrontare gli interventi solistici: tanto classico e insinuante, ma all'occorrenza anche tonico, il fascino antico del suo flicorno, quanto imprevedibile il contributo di Paggi, ora stentoreo ora intimista, fino ad inserire insistenze e vibrazioni free. I passaggi di raccordo erano intesi come momenti di decantazione per lo più malinconici e sfrangiati, come si è verificato anche in un tema in cui la voce di Polidoro ha intonato un vocalizzo evocativo, affiancato da uno spolverio di note impalpabili di chitarra e basso. Alla parabola del concerto il pizzicato di Ponticelli ha portato un distaccato equilibrio, mentre la chitarra di Diodati sembrava orientata ad arte verso una dimensione aliena: la sua sonorità alonata, fervida e ronzante ha trasferito le atmosfere verso mondi lontani.
Nell'omaggio a Coltrane è risultata decisamente riuscita la collaborazione fra

Antonio Farao
pianob.1965

Chico Freeman
saxophoneb.1949

Makar Novikov
bassRimangono da segnalare brevemente altri appuntamenti del festival. Impossibile non ricordare l'equilibrio perfetto e la verve improvvisativa del duo Steve WilsonLewis Nash, sodalizio rodatissimo ed ospite ormai ricorrente di Umbria Jazz.
In "Dear Dexter" invece viene omaggiato l'indimenticato

Dexter Gordon
saxophone, tenor1923 - 1990

Piero Odorici
saxophoneDaniele Scannapieco
saxophone, tenorA

Stevie Wonder
vocalsb.1950

Fabrizio Bosso
trumpetJulian Oliver Mazzariello
saxophone, tenor
Jacopo Ferrazza
bass, acousticb.1989

Nicola Angelucci
drums
Nico Gori
clarinetb.1975
Questa edizione di UJW si è chiusa al Mancinelli la sera del primo gennaio con la data unica dedicata a De André. Chi si aspettasse dal progetto "Viva/De André" un classico concerto rimarrebbe deluso; si tratta infatti di una sorta di rievocazione-concerto, di uno spettacolo multimediale di musica, parole e immagini, curato con passione da Luigi Viva, uno dei massimi esperti, oltre che amico del cantautore genovese (si veda qui la nostra recente intervista). Nelle due ore di spettacolo l'esposizione di Viva, corredata da informazioni biografico-critiche e soprattutto da ricordi personali, è stata supportata da uno schermo su cui scorrevano foto, spartiti autografi, stralci di interviste al cantautore... Al reading, che ha reso palpabile la partecipazione emotiva dell'autore, è stata intercalata la musica, in cui molte canzoni di De André hanno visto la traduzione in chiave jazzistica da parte dell'ormai rodato quintetto, formato da
Luigi Masciari
guitarAlessandro Gwis
piano
Francesco Bearzatti
saxophone, tenorFrancesco Poeti
guitarSe gli arrangiamenti si sono confermati sufficientemente aderenti alle linee melodico-ritmiche degli originali, o se si preferisce trasgressivi quel tanto che basta, l'interplay è riuscito a coagulare i ben concepiti spunti dei singoli: fra i contributi, tutti di spessore, si è messo in particolare evidenza il drumming antico, sapido e propulsivo di Iodice. In esclusiva del concerto orvietano, al gruppo si è aggiunta la partecipazione di

Danilo Rea
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