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Bergamo Jazz 2025

Courtesy Luciano Rossetti
Varie sedi
Bergamo
2023 marzo 2025
"Sounds of Joy" era il sottotitolo di Bergamo Jazz 2025 a indicare "la celebrazione di una comunità musicale nata in mezzo alla gente per la gente." Concetto che

Joe Lovano
drumsb.1952

Barry Guy
bass, acousticb.1947

Jordina Millà
piano
Aruán Ortiz
pianob.1973

Marc Ribot
guitarb.1954
La programmazione al Teatro Donizetti è cominciata nel migliore dei modi, presentando due quartetti omologhi nella formazionepiano, basso e batteria, più sax tenoree, a ben vedere, anche accomunati da qualche analogia nell'approccio estetico. Con il Lux Quartet, coordinato dalla pianista

Myra Melford
pianob.1957

Allison Miller
drums
Dayna Stephens
saxophone, tenorLa pianista sembrava protesa a realizzare un granitico, elegante andamento melodico, dalla nitida ricchezza armonica, approdando talvolta ad essenziali grovigli free.

Nick Dunston
bassSul palco del Donizetti ha poi fatto seguito il progetto Legacy of

Wayne Shorter
saxophone1933 - 2023

Danilo Pérez
pianob.1966

John Patitucci
bassb.1959

Brian Blade
drumsb.1970

Ravi Coltrane
saxophone, tenorb.1965
La performance di questo quartetto ha profuso un approccio pacato e immaginifico, intriso di poesia autentica, rifuggendo da qualsiasi soluzione risaputa. Una sorpresa finale ha portato alla ribalta Lovano col suo soprano, che, sul sottofondo movimentato e ondivago fornito dal trio, ha intrecciato battute e assoli con Coltrane, introducendo una nota di partecipata estroversione prima insospettata.
La sera seguente, l'apparizione al Donizetti dei Fearless Five di

Enrico Rava
trumpetb.1939
Matteo Paggi
trombone
Francesco Diodati
guitarFrancesco Ponticelli
bass, acoustic
Evita Polidoro
drumsThe Cookers, gruppo nato un quindicennio fa desumendo il nome dal titolo di un album di

Lee Morgan
trumpet1938 - 1972

David Weiss
trumpetb.1964

Eddie Henderson
trumpetb.1940

Donald Harrison
saxophone, altob.1960

Azar Lawrence
saxophoneb.1952

George Cables
pianob.1944

Cecil McBee
bassb.1935

Billy Hart
drumsb.1940

Freddie Hubbard
trumpet1938 - 2008
Sempre perfettamente funzionale, solida e propulsiva è risultata la sezione ritmica, formata per altro dai più anziani della compagine, in cui è emerso soprattutto il lavoro infallibile di Hart. Sul tessuto da loro tramato si sono distesi i brani e gli sviluppi improvvisativi dei colleghi, fra i quali si è distinto il rapporto complementare fra i due sax: al sound brillante e al fraseggio guizzante del contralto di Harrison si è contrapposto l'eloquio del tenore di Lawrence, pieno, lirico ed evocativo, esasperato verso progressioni di maniera coltraniana. Sarebbe sbagliato parlare genericamente di mainstream; in questo caso è forse più appropiato riconoscere quell'evoluzione delle modalità dell'hard bop in voga dalla fine degli anni Sessanta, come oggi viene riletta e attualizzata appunto da chi fu protagonista di quella stagione e di quell'approccio.
Con Hurry Red Telephone, l'attuale quartetto di

Marc Ribot
guitarb.1954
Sebastian Steinberg
bass, acoustic
Chad Taylor
drumsb.1973

Ava Mendoza
guitarNel concerto del settantenne chitarrista e cantante di Newark non poteva mancare un momento di esplicito impegno politico, che nel bis si è tradotto nella sua sghemba versione di "Bella ciao," ovviamente indirizzata a "quel fascista che oggi gli americani, e non solo, si trovano al potere." L'iniziale enunciazione deformata e pacata del canto ha poi lasciato il posto all'esasperato crescendo conclusivo con esiti emozionanti e drammatici. Ai saluti finali, quando il leader ha ripetuto con insistenza "Resist, resist, resist...," "Leonardo da Vinci" aveva le lacrime agli occhi.
Merita un'attenzione particolare una serie di duo diversissimi fra loro ma per varie ragioni molto intriganti. Per la prima volta è approdato a Bergamo il maestro dell'improvvisazione contrabbassistica Barry Guy e lo ha fatto al Teatro Sant'Andrea assieme alla pianista catalana Jordina Millà. Il duo, già collaudato e con due dischi alle spalle, ha profuso un set d'improvvisazione esaltante, modulato istantaneamente sulla base di intenzioni condivise, di un rispecchiamento continuo delle modalità espressive, degli andamenti dinamici e degli ambiti armonici, dando corpo ad inscindibili corrispondenze umorali-emotive. La duttilità della tecnica senza confini di Guy gli ha permesso di passare velocemente da un'idea a un'altra, senza soffermarsi su una situazione innamorandosene, ma lasciando subito il posto ad una seconda magari di segno contrario. ? stupefacente assistere alla sequenza di irruente invenzioni emanate dal settantasettenne contrabbassista inglese, che ha confermato tutta la creatività che già ci aspettavamo.
La sorprendente novità è venuta invece dal contributo della più giovane partner, di formazione classica con studi a Barcellona e Rotterdam. Il suo ruolo è stato del tutto paritario e costruttivo, mettendo in campo atteggiamenti tecnico-espressivi altrettanto incisivi: magistrali sono risultati gli interventi sulla cordiera preparata ed anche le sue scorribande di potenza inaudita sulla tastiera. In definitiva ci si è trovati di fronte a una performance che non è il caso di definire jazzistica nel senso comune del termine, ma piuttosto un'improvvisazione di musica contemporanea, vitalissima e frastornante.
Il magico scenario dell'Accademia Carrara, più precisamente la sala dedicata a Fra Galgario e al realismo lombardo del Settecento, ha accolto il duo Sara Calvanelli
Virginia Sutera
violinAlla Sala Piatti si è esibito un altro duo nato di recente, questa volta solo pianistico, formato da

Tania Giannouli
piano
Nik Bärtsch
pianob.1971
La solo performance di Aruàn Ortiz, che ha aperto il festival con un concerto pomeridiano al Teatro Sant'Andrea, ha riproposto brani contenuti nel suo album Cub(an)ism inciso nel 2016, integrandoli con appunti più recenti da inserire nel prossimo disco da incidere sempre per la Intakt. In realtà si è assistito ad un'improvvisazione senza soste, movimentata e rigorosa, concepita con grande concentrazione secondo forme fortemente stagliate e contrastanti. Le iniziali austere situazioni armoniche e melodiche hanno introdotto turbolente aperture free, per volgere verso insistenze minute sul registro acuto. Ha poi fatto seguito un'improvvisazione in cui il motivo del monkiano "Skippy," citato dalla mano destra, è stato frammentato, rallentato, raggelato e affogato in una palude di accordi melmosi sul registro grave. Poi ancora scorribande free, soste meditabonde, serie di accordi robusti su ampi intervalli, temi scultorei... Più che in altri contesti la prova di Ortiz ha costruito un percorso musicale accidentato e indubbiamente personale, corrusco, a tratti forse un po' introverso, ma frutto di una ricerca autentica e profonda, sedimentata da decenni di esperienza pianistica.
Una doverosa menzione meritano altre proposte del festival, che cercherò di commentare in modo più sintetico senza eccedere in pedanti descrizioni. Alla testa di un trio completato dai bravi

Ameen Saleem
bass, acousticb.1979

Jeff Ballard
drumsb.1963

Antonio Farao
pianob.1965
Di segno del tutto opposto è stata la proposta del trio Stick Men, in cui è stata l'elettronica a dominare.

Tony Levin
bassb.1946

Markus Reuter
guitar, electricb.1972
Pat Mastelotto
drumsAll'Auditorium di Piazza della Libertà si sono ascoltati due gruppi giovani guidati da jazzisti britannici. Nel recente progetto La Via del Ferro il sassofonista

Alex Hitchcock
saxophone
Michelangelo Scandroglio
bass, acousticUna musica fresca è venuta anche dal Dialect Quintet, formazione italiana raccolta dal pianista

Alexander Hawkins
pianob.1981

Francesca Remigi
drums
Giacomo Zanus
guitar
Camila Nebbia
saxophone, tenor
Rimane da riferire delle due signore del canto jazz presenti al festival. Il confronto a distanza fra loro ha rivelato differenze sostanziali di repertorio, di tradizione d'appartenenza e di approccio interpretativo, anche se a mio parere nessuna delle due ha dato il meglio di sé. Al Teatro Sociale,

Lizz Wright
vocalsb.1980

Dianne Reeves
vocalsb.1956

Romero Lubambo
guitarb.1955
Purtroppo, e me ne rammarico, non sono riuscito a seguire i concerti dei meritevoli giovani italiani proposti dalla sezione Scintille di jazz, ma il programma era già fin troppo fitto di eventi di ottima qualità. ? difficile ricordare un'edizione di Bergamo Jazz, e di qualsiasi altro festival, di pari livello qualitativo; la varietà delle proposte, accolte in sedi opportune in varie parti della città, ha confermato la multiforme vitalità dell'attualità jazzistica, documentandone alcune eccellenze.
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