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Franco D'Andrea: Il pianoforte come sintesi di colori

Ho sempre bisogno di qualcosa che dia un colore diverso a quello che sto facendo
Franco D'Andrea
pianob.1941
Negli anni Franco D'Andrea ha alternato svariate collaborazioni con grandi nomi del jazz come

Gato Barbieri
saxophone1934 - 2016

Phil Woods
saxophone, alto1931 - 2015

Lee Konitz
saxophone, alto1927 - 2020
Quella di dar vita a contesti sempre diversi dove poter sperimentare in totale libertà i molteplici linguaggi di generi eterogenei è per Franco d'Andrea un'esigenza istintiva, inesaurabile, a servizio dell'improvvisazione collettiva, dettata dal bisogno di "qualcosa che venga da altri strumenti" e dia ogni volta un colore diverso a quello che sta facendo in quel momento. Perché come dice lui "il pianoforte è uno strumento in bianco e nero."
All About Jazz: Ascoltando A Light Day si percepisce la volontà di esplorare diversi linguaggi jazzistici, dallo stride al jungle, ma anche incursioni free, accordi alterati. Qual è tra questi il linguaggio che più gli appartiene?
Franco D'Andrea: Nella mia vita musicale ho toccato tante zone jazzistiche. Mi sono appassionato a situazioni più avanzate fino ad arrivare al periodo dei Modern Art Trio con il free, poi il periodo con il Perigeo a cui è seguito il piano solo con i due dischi Dialogues with Super-Ego e Es, poi ho trovato una sorta di sintesi di tutto quello che avevo sperimentato aggiungendo altre cose. Sono il prodotto di una situazione molto variegata nella mia vita musicale, di tante curiosità, per cui è abbastanza logico che nel mio disco si sentano echi di varie epoche e stili.
AAJ: C'è stato un musicista che più di tutti ha influenzato il suo percorso artistico?
FDA: Tutti i vari personaggi jazzistici che ho incontrato fisicamente, ma anche quelli che ho ascoltato su disco sin da piccolo hanno influito in qualche maniera su di me, però io sono stato sempre selettivo, per esempio di

Herbie Hancock
pianob.1940

Charlie Parker
saxophone, alto1920 - 1955

Lennie Tristano
piano1919 - 1978
AAJ: Dopo aver registrato con un ottetto è ritornato al piano solo, da che cosa scaturisce questa esigenza?
FDA: Il piano solo avviene nel momento in cui sta succedendo qualcosa nella mia musica o sta andando in nuove direzioni ma non ho trovato ancora i musicisti giusti per dar vita a un ensemble. Nel piano solo c'è il mio mondo in generale, ma c'è anche un'occhiata verso il futuro che però trovo difficile esprimere con un gruppo.
AAJ: Quanta importanza ha avuto per lei l'esperienza con il Perigeo?
FDA: Mi ha aperto una seria di orizzonti timbrici. C'era anche quell'aspetto che veniva da Miles Davis, il discorso funky, certi tipi di ritmi, cose con cui piano piano ho familiarizzato.
AAJ: Anche nei due episodi di Intervals, come nei suoi dischi precedenti, è presente una componente di sperimentazione elettronica amalgamata con ritmi swing riferibili alle Big Band degli anni'30 e'40 e alla musica africana. Un particolare che è diventato negli anni un suo "marchio di fabbrica."
FDA: Questo è sicuro anche perchè forse sono uno dei pochi musicisti, almeno qui in Italia, che può fare queste cose. Per me è molto naturale, fa parte della mia vita per come si è svolta, per tutte le musiche con cui sono venuto a contatto. Quando nei primi anni '80 formai il " data-original-title="" title="">Franco D'Andrea Quartet composi per il nostro primo album un brano che si intitolava "Rag and Blues," era un discorso legato al fatto che qualcosa si muoveva dentro di me quando pensavo al quel tipo di stili musicali, e da quel momento non ho più abbandonato questo aspetto.
AAJ: Un uso dell'effettistica che ricorda le Big Band di

Duke Ellington
piano1899 - 1974
FDA: Duke Ellington fece delle cose straordinarie a quell'epoca con dei colori incredibili che sono rimasti nella sua tavolozza. Da lì arriva un'effettistica di tipo acustico, manipolare gli strumenti acustici in maniera particolare in modo che il suono possa avere tante sfumature, tanti timbri diversi.
AAJ: Come è nato l'incontro con i musicisti coinvolti nel progetto?
FDA: Per diverso tempo ho avuto un quartetto con il sassofonista
Andrea Ayace Ayassot
saxophone, soprano
Zeno De Rossi
drumsb.1970

Mauro Ottolini
sousaphoneb.1972

Daniele D'Agaro
clarinet, bassb.1958

Enrico Terragnoli
guitarAAJ: Ha formato da poco un'altra formazione in Trio, i New Things.
FDA: Questo progetto è una cosa particolare. Avevo da tempo voglia di provare le estreme conseguenze di certi aspetti della mia musica per renderli ancora più profondi e per far questo avevo bisogno di un certo tipo di musicisti. Uno è Enrico Terragnoli, un artista che si è trovato in mano la chitarra e ne ha fatto qualcosa di diverso rispetto a quello che ne fanno altri, ma nello stesso tempo è interessato ad aspetti particolari dell'effettistica elettronica. L'altro è il trombettista

Mirko Cisilino
trumpetFoto: Luciano Rossetti (Phocus Agency)
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